domenica 21 ottobre 2007

Lacina

Verso il decimo giorno abbiamo iniziato a metterci d'accordo almeno sul concetto di railway station. E' vero, io avrei potuto imparare subito a dire huoche' zhan, ma confidavo nell'insegna che sovrasta l'ingresso di ogni scalo ferroviario cinese. E mi illudevo che quei caratteri cubitali aprissero crepe di luce anche nelle scatole craniche piu' sigillate. Macche'. Per cinque settimane comunicare e' stato come andare in salita col cambio inceppato e le ruote sgonfie. Se non ti dispiace scendo e spingo, che faccio prima. Ce l'ho anche con te, prototipo del venditore di bevande. Sarebbe interessante sapere perche' si smerciano contenitori da 596ml o se quest'acqua sgorga da una sorgente tibetana o e' fiume Giallo purificato, ma ti assicuro che se sventolo le banconote e abbozzo ghirigori con la mano e' solo per sapere quanto cacchio costa questa bottiglietta. Nient'altro. E anche con te, proprietaria della drogheria che ovviamente non capisci la parola deodorant. Possibile che il mio mimo, il gesto di strofinarmi le ascelle con uno stick, ti faccia venire in mente, nell'ordine, un rasoio, un pettine e un pacco di assorbenti interni? Tu non ridere, oh gioviale uomo della strada, che ti avvicini disponibile e poi ti fai attanagliare da un timor panico che ti secca la gola e l'inglese: se la domanda che ti rivolgo e' introdotta dagli avverbi where, when o what, e' inutile che mi rispondi yes, yes, perche' io non ho bisogno di una conferma, ma di un'informazione, cribbio. Chiaro? Ooohhh.... yes, yes, yes! D'altra parte vai a farti intendere a gesti, quando qui il numero uno si indica sollevando il mignolo, per il due si aggiunge l'anulare, per tre il medio, per il cinque c'e' chi apre tutte le dita e chi chiude il pugno e per il dieci si incrociano gli indici disegnando la X latina. E se fin qui ci si puo' pure arrivare, la vicenda si complica col sei, che si fa stendendo oltre al pollice anche il mignolo, col sette e il nove, uncini pressoche' identici con gli indici, e con l'otto, quel segno che per i nostri bambini indica una pistola e per i nostri bassi un manifesto consolatorio. Stando cosi' i numeri, figuriamoci i contenuti. L'incomunicabilita' deflagra nello scontro di etnocentrismi idiosincratici al relativismo culturale. Rinchiuso nella mia angusta forma mentis, per esempio, io c'ho messo sei viaggi asiatici per capire che la maniera orientale di sedere sui talloni non ha nulla a che vedere con l'elongazione del quadricipite femorale. Serve a garantire l'equilibrio quando si caca nei cessi alla turca.

"Il fascino unico che la Cina esercita su coloro che l'avvicinano puo' essere paragonato all'attrazione fra i sessi - ha scritto il sinologo belga-australiano Simon Leys - ... (a differenza dell'India)... la Cina rappresenta il polo opposto dell'esperienza umana...e' l'indispensabile altro che l'Occidente deve incontrare per prendere davvero coscienza del proprio Io culturale". Ecco, il mio Io culturale (che davanti a quei pezzi di cadavere a mollo nel Gange non s'era comunque sentito fra due cuscini) c'ha messo tutta la buona volonta' per abituarsi al sottofondo musicale, quella nota di risucchio collettivo con parcheggio del catarro nella cavita' orale, quella rullata da sistemazione della saliva sulla lingua e quell'acuto da feroce espulsione del composto che scandisce una normale giornata cinese. Ma lo spartito fatica a fare breccia e a provocare un senso di limitatezza nel mio Io culturale. Tanto piu' che se papa' sputacchia, l'erede al trono piscia. I vestitini per bambini in Cina incorporano uno spacco sotto il cavallo, un lasciapassare per l'evacuazione seduta stante che rende superflui i pampers. Basta arrivare all'eta' della parola e dire "mi scappa", che la mamma ti prende in braccio, ti solleva le gambe, ti allarga il pantaloncino e te la fa fare dove capita. Quando cala la sera, fra composti organici di varia provenienza, sulle piastrelle delle sale d'attesa delle stazioni si stratifica una patina di fluidi collosi, una polpa di umori rancidi. Se ti si slacciano le scarpe e' consigliabile lasciarle cosi' per sempre.
Man mano che obbligavo le mie giunture a sopportare strizzate da 26 ore su brandine rigide larghe 50 centimetri e le papille gustative a reggere l'ustione degli spaghettini istantaneamente piccanti, l'interazione e' comunque progredita. Nel raggio di un sorriso si materializzava sempre un volontario disposto a capirmi, un gruppetto di ragazzine vogliose di praticare l'inglese o un bambino col desiderio feticistico di farsi immortalare con uno straniero coi peli sulle braccia e la barba di tre giorni. Ma da li' a evadere un po' di questioni in sospeso ce ne passa. Avrei voluto per esempio domandare ad una donna incinta con quanta malinconica intensita' si vive la gravidanza, un evento che nella Cina del terzo millennio e' doppiamente unico. Mi sono consolato pensando che in Asia non ho mai cavato nessun ragno da nessun buco. Che fosse futile ("Perche' in Libano tante auto hanno l'adesivo CH?" "Quale adesivo?" "Questo, ce l'hai anche tu!" "Ah, questo... boh!"), contorta ("Come vi rapportate in Mongolia con l'anomalia che difficilmente vedrete mai il mare, l'elemento preponderante sulla Terra?" "Io l'ho visto, e' sporco") o sostanziale ("Cosa spinge un bambino a farsi monaco buddista?" "I genitori") la mia curiosita' e' sempre andata a sbattere contro un muro di commovente naivete'. Questo e' solo un altro piccolo dubbio da appendere all'albero degli interrogativi irrisolti.
Perche' a quasi 30 anni dal varo della campagna 'Uno va bene', il titanico programma di contenimento demografico e di controllo della nascite a base di disincentivi sulla pelle degli eventuali secondogeniti, la pulce piazzata davanti alla locomotiva in corsa sta cominciando a generare i suoi effetti quantitativi - la popolazione cinese diminuira' a partire dal 2040 e il Paese perdera' il primato mondiale a favore dell'India - ma sta gia' provocando i primi scompensi qualitiativi. Un tempo fondata sul rispetto per gli anziani, la Cina e' oggi uno Stato asservito all'idolatria dei bambini. Cento milioni di piccoli Imperatori, figli unici nati all'alba del boom economico, viziati nella culla e cresciuti come spietati arrivisti laddove un tempo si onorava la famiglia e si veneravano i suoi membri piu' attempati.
Quattro anni fa, di Pechino mi aveva impressionato l'ottimismo acritico della gente di fronte al vortice del modernismo, una superficialita' inquietante perche' fatta di ignoranza ma trascinante e coinvolgente, perche' fatta di fiducia e di uno strato di umilita' e deferenza che condiva anche i rapporti con lo straniero. Spesso trattato come un capolavoro da fotografare. Attraversando una buona fetta del resto del Paese, oggi ho fatto il pieno di ammiccamenti e sguardi curiosi, ma quel trasporto e quel riguardo l'ho appena subodorato.Nulla a che vedere con le paventate forme di nazionalismo xenofobo, ma se all'epoca della febbre aviaria i pechinesi mi avevano avvolto in un alone magico, adesso mi devo accontentare di suscitare interesse. Sorpresa, non piu' meraviglia. E se da una parte pesa il consolidamento del benessere e la maggiore consapevolezza di se', dall'altra si percepisce un atteggiamento meno scanzonato e piu' egocentrico nei confronti della vita e degli altri. Me lo hanno confermato - da Jay a Paul - alcuni cinesi emigrati all'estero, che tornano a casa ogni anno e ogni anno trovano "un Paese che cambia". Economicamente in meglio, umanamente in peggio. Uno Stato nel quale il crollo delle ideologie ha creato un vuoto morale riempito alla rinfusa da valori protoborghesi e da Starbucks, anche nella Citta' Proibita. Nel giro di tre decenni, la Cina e' passata da importatore a produttore, da consumatore a investitore, e lo sviluppo e' andato di pari passo con il cambiamento di stili di vita e di mentalita'. La nazione rurale e patriarcale ha lasciato spazio a quella utilitaristica, che ha replicato il salto compiuto dall'Europa in tutto il Novecento nello schiocco di in una sola generazione. E la prossima si trovera' a vivere in un Paese tre volte piu' ricco degli Stati Uniti. Fra i problemi che pone il futuro, i miei soci apocalittici inseriscono ai primi posti la scarsita' di risorse, l'impatto ambientale, la gestione delle disuguaglianze e della previdenza. La legge del figlio unico sta causando anche un inarrestabile invecchiamento della popolazione. Quelli che esagerano, poi, aggiungono l'ordine sociale. Nella storia dell'umanita' le guerre sono esplose quando sistemi chiusi hanno smarrito il loro equilibrio, e la Cina dei 125 uomini ogni 100 donne (molte, ormai, single per scelta) sembra condannata ad allevare eserciti di pericolosi onanisti frustrati che pagano la vecchia e aberrante pratica dell'infanticidio femminile. Ma con uno sguardo gettato dal treno, le spalle del regno di mezzo sembrano solide e in grado di sopravvivere ad ogni urto: il Paese dei parchi zeppi di gente che gioca a domino e a morra, che pratica il tai chi, che improvvisa orchestrine e che blatera ininterrottamente per ore, mi ha sbalordito per le sue bellezze naturali, per la sua storia millenaria e per la sua capacita' di organizzazione e di controllo dell'intero meccanismo, per quell'ordine e quella relativa pulizia che sono i fiori all'occhiello del Partito e fanno alzare la voce ai bellimbusti iper-integrati, i sostenitori dello status quo. Della teoria per la quale un Paese cosi' grande e popoloso non puo' rischiare di incastrarsi nelle farragini della democrazia partecipativa e del multipartitismo, non puo' fermarsi a mettere in discussione il proprio autoritarismo e il rispetto dei diritti umani. Perche' la Cina ha fretta di riprendersi la leadership del pianeta. Negli ultimi 5000 anni i periodi in cui non lo e' stata rappresentano l'eccezione, e il secolo appena cominciato non fara' che rientrare nella norma. L'Occidente scoprira' forse che il capitalismo selvaggio, la produzione di massa per la massa senza frontiere protezionistiche e alla merce' del dumping - la concorrenza al ribasso - e' davvero il sistema che premia il piu' forte. Solo che questo non e' necessariamente il migliore, ma semplicemente il piu' numeroso. Se alla sicura supremazia economica domani si aggiungera' quella probabile militare, alla Cina non restera' che cercare di rimuovere i vecchi stereotipi per porsi come modello di riferimento, come Paese capace di imporre mode e stili, e allora anche l'ultimo tassello della sua rincorsa alla cima del mondo sara' sistemato. Insomma, chi vuole puo' cominciare a preparare le lettere di protesta e a mettersi l'anima in pace: siamo nati americani e invecchieremo cinesi. O tutt'al piu' indiani.

27 commenti:

Anonimo ha detto...

Meritava una terza pagina di un quotidiano, se non un settimanale patinato... ma tant'è.
Bello.

Anonimo ha detto...

sottoscrivo pienamente il commento di bobo.

感谢

Dario ha detto...

Cercasi commenti disinteressati disperatamente (e, visto che ci siamo, anche Susan).

Anonimo ha detto...

Il mio era disinteressato (tra l'altro: il primo che faccio)...
Quello di Paolha non saprei...

Dario ha detto...

A chi vuoi darla a bere, caro Roberto!
Lo sanno tutti che prendi la stecca sugli introiti del sito...

Anonimo ha detto...

Questa tua visione pessimistica della Cina non la condivido.
Si, il tuo racconto è reale ma perché non dire anche delle sue bellezze, della sua cultura, della sua civiltà.

Dopo decenni di chiusura ed isolamento e nonostante la gestione burocratica e centralizzata del paese, la Cina sta vivendo una smisurata crescita economica; il prezzo di questo progresso lo stanno (e lo stiamo) pagando a spese dell’ambiente.
Ma cosa sta succedendo che già non sia accaduto in occidente?

E cosa dire dell’invasione al mercato cinese da parte delle multinazionali occidentali?

Dario ha detto...

Fuli', e' un mese che scrivo delle bellezze naturalistiche e della storia millenaria. E proprio per questo l'ho pure ribadito ("mi ha sbalordito per...").
Qui pero' parlo del presente in rapporto al passato e al futuro. Ci sono previsioni apocalittiche che riguardano il mondo, e in quanto (finto) adepto della setta ho riportato i timori legati all'esplosione di un Paese del genere. Ma non c'e' pessimismo. Anzi. Mi dirai che potevo specificare che non sta scritto da nessuna parte che una nazione debba accogliere uno straniero con gli inchini, ma venendo dalla scontrosa e eterofobica Europa mi pare evidente che il mio appunto sulla Cina e' un cavillo relativo. Cioe' parte da quel che era la il Paese - in un certo senso fino a 4 anni fa - e dai costumi generalmente deferenti della cultura asiatica. Dopodiche', visto che questo cambiamento e' nell'ordine delle cose ed ha - forse - qualche spiegazione psico-sociale, ho rispolverato le nozioni universitarie e ho provato a darne alcune. Quanto all'invasione degli ultraoccidentali... mi pare evidente che il riferimento ai valori protoborghesi e a Starbucks nella Citta' Proibita sta proprio ad indicare che nel vuoto culturale e ideologico che si e' creato, qualcuno dall'altra parte del mondo e' stato scaltro e letale nel muoversi in anticipo per gettare radici nel terreno che sara' il piu' fertile. E magari per contaminarlo con un po' di zozzerie finche' il ferro e' caldo...

Anonimo ha detto...

Ricorda sempre che con un mio semplice click... puoi finire nell'elenco dei blog scomparsi :-)

Dario ha detto...

Bo', pensa che per evitare accidenti del genere stavo giusto giusto per chiedere a Filippo il favore di stamparmi quanto vomitato fino ad ora. Ma mi sa che glielo chiedo un altro giorno ;)

Anonimo ha detto...

Non chiedere ... perchè tutto quello che è stato pubblicato viene salvato.
Il click di Bobo può avere effetto solo se utilizzato come censura preventiva.

P.S.: Ho trovato più educazione, rispetto e cordialità in Cina di quanto in tanti altri paesi "evoluti".

Anonimo ha detto...

io non credo che Dario sia particolarmente pessimista; il fatto è che proprio incontrare paesaggi, situazioni, civiltà millenarie e pensare che si stanno contaminando con il nulla, ossia solo col dio denaro, con il culto dell'apparire, con le schifezze che già hanno contaminato noi,che se hai un briciolo di buon senso ti ribelli.

Dario ha detto...

Non di "tanti" Paesi evoluti, Fuli', di "tutti". Ma il punto e' proprio che si sta lentamente avvicinando a quelli, non solo per lo stile di vita.

p.s. con "sguardo dal treno" si intende anche una metafora della consapevole superficialita' di giudizi e valutazioni contenute nel post. Pure sorretto da un paio di letture (non la Lonely Planet, Bene, non la Lonely Planet...) sull'argomento.
p.p.s. ciao anonimo.

Anonimo ha detto...

Bello il pezzo...io pure sono d'accordo con l'anonimo. E se nel mio immaginario, nella mia fantasia la Cina e` proprio quella civilta` millenaria, quelle bellezze naturalistiche, quelle tradizioni...questo pezzo di Dario mi fa capire e mi apre gli occhi su quanto ormai non ci sia nulla da fare per frenare l'occidentalismo (nell'accezione peggiore di consumismo, avidita`, "inumanita`")...
Dario, tu sai che immagine forse stereotipata ho della Cina...pur conoscendone sommariamente anche gli aspetti piu` negativi e meno "civili" (a partire dall'infanticidio femminile, praticato ancora oggi temo nelle sterminate campagne cinesi, fino ad arrivare a catarro, dita nel naso e ossa di pollo gettate per terra al ristorante...). Mi riempie di amarezza leggere le tue impressioni.
Chiara Zucchina

p.s. non avevo ancora pensato a salvarmi tutti i tupi pezzi su una cartella...grazie fulippo!
p.p.s.spero che scriverai un bellissimo libro al tuo ritorno.

Anonimo ha detto...

ti lusinga o ti secca sapere che qualcuno che non ti conosce, ma che ti legge ti abbia paragonato a Marco Travaglio?- soprattutto che abbia detto che scrivi molto bene, sapendo tu dire cose anche crudeli, ma comunque vere, con tono leggero e con un alone di ironia o disincanto?

federico ha detto...

purtroppo Dario, il tuo pezzo non fa che confermare le visioni che ho trovato da terzani in poi, arrivando fino a rampini sulla Cina.
il problema è anche che almeno l'occidente nella sua corsa al capitalismo ha assecondato una cultura insita nella terra mentre Cina ed India in questa rincorsa (quasi terminata direi) hanno o stanno lasciando per strada molta di quella cultura che ne faceva un mondo diverso, per certi versi incomprensibile, ed affascinante.
è vero che i cinesi sono quasi sempre stati un popolo-nazione-impero dominante e che stanno semplicemente tornando ad essere quello che è "giusto" che siano viste le proporzioni della loro popolazione, delle loro risorse e della loro storia, ma è anche vero che i Cinesi erano quelli che avevano scoperto la polvere da sparo e la usavano per fare fuochi d'artificio!
Dov'è finito il confucianesimo che aveva generato il celeste impero? la mancanza del rispetto per gli anziani che da sempre, almeno nell'immaginario occidentale, è sempre stata caratteristica cinese è un bruttissimo segno e denota la mancanza di rispetto per se stessi e per la loro storia, una volta i cinesi erano orgogliosi di essere cinesi e sentivano la loro cultura come l'unica possibile ora sono pronti a buttare via tutto quello che è "vecchio" in favore di una modernità occidentale... probabilmente la colpa è in gran parte da ascriversi alla dittatura comunista o forse no...
Resta il fatto che purtroppo la Cina non mi riesce ad attrarre e ogni volta che ne leggo mi passa ogni voglia di fare un viaggio per vedere con i miei occhi quello che sta succedendo :(

Anonimo ha detto...

non ho interessi da preservare quindi i miei commenti sono disinteressati :) Confermo che secondo me, per quanto possa valere il mio giudizio, il pezzo è scritto proprio bene.
Sul contenuto direi che io non condivido molto i giudizi tagliati con l'accetta (p.e. chi lo dice che tutto il mondo deve sapere l'inglese e accogliere giovani intraprendenti che scorribandano curiosando per il globo?) soprattutto se coinvolgono un gran numero di persone ed eventi complessi, ma apprezzo questo tentativo di provare almeno ad elaborare una riflessione, ad azzardare idee nate sul campo...dando per scontato che l'autore sa che questa è una visione molto parziale, che è difficile rendere conto delle complessità, che non aspira a dare una descrizione totalizzante (quella piano piano la possiamo cercare di costruire commentando il più possibile...sarebbe meglio che alla discussione partecipasse qualche Cinese), e penso, spero, che ne siano consapevoli anche i lettori.
Per mettere altra carne al fuoco consiglio la visione di un recente film cinese "La battaglia dei fiori rossi" in cui, oltre a poter vedere i bimbi con i pantaloni bucati, si può vedere come un cinese parla del rapporto con l'autorità e con il conformismo (un nodo caldo, forse, sia della storia cinese - confucianesimo, comunismo - che dei cambiamenti con cui i cinesi si stanno rapportando oggi)

p.s. secondo me bisogna stare attenti a non giudicare troppo duramente una cultura o delle persone per dinamiche che stanno interessando il mondo a tutte le latitudini e che non sono facili nè da individuare chiaramente nè da gestire

Dario ha detto...

- Chiare', solo se basta copincollare 'sta fatica ;)
- Federico, sono d'accordo con te (e con Terzani, e con Rampini). Anche se se secondo me in questo specifico argomento piu' che la dittatura i danni vengono creati dallo spiraglio superficiale aperto sul resto del mondo. E mi dispiace che non ti venga voglia di vederla, la Cina, perche' e' davvero incantevole. Le manca solo il sole.
- Paolha ribadisco (e due, ma l'eta' avanza per tutti/e) che nessuno pretende di essere accolto col tappeto rosso. E che sono grato per il fatto che qui te lo stendono molto piu' e molto meglio di quattroquinti del pianeta. Il punto e' che potendo fare un raffronto, per quanto parziale, a 4 anni di distanza, ho riscontrato un lieve raffreddamento generale. E ho abbozzato un ragionamento sulla base di dati e impressioni, raccolti qua e la'. Non mi pare di aver tagliato nulla - a parte il mignolo sinistro, l'altroieri, scendendo dal mio loculo al terzo piano sul treno - anche perche' se non si coglie l'ironia, l'autoironia (anche su toilet non ci siamo proprio, e li' per mimare ho superato spesso il confine dello sconcio... :) e il gusto di parodiare le difficolta' quotidiane per descriverle e digerirle meglio, si fraintende. L'inglese non e' obbligatorio, ma dal momento che si studia dappertutto, anche qui (dove, come documentato, la diffusione di segnali e indicazioni nelle due lingue dovrebbe agevolare la conoscenza di alcuni termini base), la dimestichezza nell'usarlo diventa una delle cartina di tornasole di altro. Per esempio di quell'apertura mentale che nasce dalla capacita' di relativizzare il proprio punto di vista, dall'appetito che solo il bisogno ti scatena. La Cina, come il Brasile, come l'India, come gli Usa e' un Paese-continente che inevitabilmente si percepisce come culturalmente autosufficiente. E chiunque abbia provato ad inserirsi in questi contesti ha sperimentato come e' difficile farlo su un terreno comune. O gli si va incontro o si resta fuori.
- Anonimo/a, a chi la pensa cosi' puoi dire che il giudizio mi lusinga assai. E non fa altro che aggiungere la dose quotidiana di ansia da prestazione. Ma non dirlo in giro, che' starei in vacanza ;)

Dario ha detto...

p.s. nella stazione di Wuhan una scarpa mi si era slacciata davvero. E per un attimo ho pensato sul serio di non riallacciarla mai piu'. Ma come nella steppa si impara a mangiare con una tribu' di mosche nel piatto...
Buona cena, amici :)

Anonimo ha detto...

Dariu', a copincollare ci penso io...ma serve qualcosa in piu`:-0
Buona pure a te amico bello.

Chiara Zucchina

nesco ha detto...

Qualche aggiornamento dalle terre del nord.
Temperatura: intorno ai 5 gradi, nella notte si scende gia' sotto gli zero - beato tu che te ne andrai su una spiaggetta con Manu' :-P

Venerdi' affettuosa pizza con Marc, Sylvie e relativa progenie: ho aggiornato Sylvie sulla situazione del 'nostro amichetto segreto'...

La tesi avanza a ritmo di mezza pagina ogni due giorni - nun je la faro' mai..

Riguardo alle tue domande, no comment :-)

Un abbraccione gelato

Anonimo ha detto...

l'ironia l'avevo colta e mi è piaciuta, anche se un po' troppo pendente sull'ignomia altrui piuttosto che sulla propria incapacità di parlare cinese, farsi capire da chi ha il cervello in stand-by, abituarsi ad apprezzare lo sputo appiccicaticcio sotto e sopra le scarpe :)
l'avevo capito che non ti aspettavi il tappeto rosso e che hai parlato dell'inglese come esempio di un atteggiamento generalizzato tendente a farsi poche domande sugli altri-anche se già una battutina sull'inglese l'avevi fatta qualche post fa, ho voluto solo istillare negli astanti il dubbio che l'inglese sia ben accetto ovunque e che non è detto che tutti debbano essere all' "altezza" dei movimenti globali in atto (come a dire: chiunque e ovunque tu sia se nel 2007 non sai l'inglese sei un poveretto incapace di intendere e di volere. ne siamo così sicuri?). quello che volevo dire è che ho sempre un gran timore dei giudizi scritti nero su bianco, soprattutto per le indiscriminate generalizzazioni che ne possono venire, ma è più che altro una mia eccessiva prudenza (che tante volte mi fa stare in silenzio...non questa :), e mi piace vedere che qualcuno abbozza ragionamenti molto interessanti (le riflessioni sui Paesi-continenti, sul nostro futuro cino-indiano, sull'idolatria dei figli unici, sulla modernità,mi sono piaciute molto) anche se è consapevole della loro limitatezza, sempre che vengano posti come riflessione aperte alla discussione comune (come mi sembra che sia). in realtà nel mio commento volevo rispondere anche a Federico che già ha deciso che in Cina non ci vuole andare!

mi dispiace che con il mignolo che hai perso sul campo la tua integrazione è definitivamente compromessa perchè non puoi più contare il 6 in cinese! l'unica possibilità è che inzi a sputare anche tu :°

Anonimo ha detto...

Ciao Dario! Sono Alberto, il romanista e "tennisofilo" di vicino Piacenza...
Complimenti per il tuo itinerario! Se a metà novembre passi per Shanghai, potresti incontrare Federer, Nadal e compagni al Master di tennis in questo stupendo stadio:

http://shanghaitown.online.sh.cn/IntoSh/intosh_view.asp?did=3614&F_id=647

federico ha detto...

OK OK
vi tranquillizzo :) il mio progetto di vita è di vedere tutto il mondo possibile, quindi anche la Cina. Ovviamente però il mondo è vastissimo e bisogna di volta in volta decidere come e dove e la Cina non è negli immediati progetti, tutto qui e vi rientrerà quando qualcosa mi stimolerà particolarmente. per ora un viaggio intercontinentale l'anno è quello che riesco a fare, magari 2 qualche volta, il prossimo in programma, fra 2 mesi, è di un mese in Nuova Zelanda, ovviamente in aereo! dopo la NZL in lista ci sta la Patagonia.
L'asia mi attrae parecchio devo dire ma non riesco a decidere da dove iniziare l'esplorazione, si accettano suggerimenti però!

Anonimo ha detto...

Ciao Dario sono contento che tu sia ancora di qsto mondo..non ti pensavo così resistente e per non rischiare di vedere il tuo necrologio sul blog ho evitato di darci le solite sbirciatine quotidiane.Ma non ti sei stufato di fare lo "zingaro"?Quando torni?
A me e a molti ascolatori manchi parecchio anche se il "cinico" ti sta sostituendo alla grande.


Ps(posso scrivere ogni tanto sul blog anche se nn ci conosciamo o ti infastidiscono i miei commenti stupidi?risp sinceramente tanto mi sarai sempre simpatico.)

Gatto nero

Anonimo ha detto...

...è proprio vero: attraversa un gatto nero e non se vede più nessuno.

peppino ha detto...

Complimenti per l'Avventura!!!!!
Vorrei avere il tuo fegato e partire per conoscere il mondo!!!
In bocca al lupo

Dario ha detto...

Ho dimenticato di ringraziare Clare e Jamie, la simpatica coppia inglese conosciuta ad Almaty che in extremis mi ha regalato la Lonely Planet della Cina di terza mano. Ora che' decisamente di quarta mano, in Laos la scambio con Norwegian Wood di Murakami. A meno che non serva a qualcuno.