mercoledì 29 febbraio 2012

Il gioco del mondo

La tribuna stampa del Monumental non ha nulla, né della tribuna né della stampa. E' frequentata da personaggi rumorosi seduti su panchine di legno rosso modello parco per anziani e, appena sotto le suole, grosse matrone avvolte in parannanze verdi cuociono quintali di salsicce. Spedendo fra los periodistas nuvole di fumo e puzza di grasso bruciato. Però almeno è parzialmente coperta, la tribuna, così schiatto di freddo ma senza inzupparmi.

Sabato sera, anzi notte. Qui le partite prima delle 21.30 non iniziano. Piove a secchiate e tira un vento che pare lo stretto di Magellano. Se non altro capisco finalmente come fanno i foglietti di carta lanciati dagli spalti ad invadere i campi argentini. Ci arrivano per la burrasca forza otto.

In palio ci sono punti buoni per la qualificazione al Mondiale, ma Argentina e Bolivia arrivano all'intervallo sullo 0-0. Il parziale è sottolineato dai tifosi degli altipiani con un casino infernale. Ci sono 2 milioni di boliviani, in Argentina, anche se una buona fetta se n'è tornata a casa dopo la crisi e quelli che sono rimasti al di quà del rio Pilcomayo sono affamati nel vero senso della parola. Ne so qualcosa perche' sono venuto a Buenos Aires per scrivere una tesi sull'argomento (sulle conseguenze della crisi economica, non sul calcio) e intuisco i motivi di tutto st'entusiasmo. Illusorio, visto che finirà 3-0 e segnerà persino D'Alessandro.
Chiedo al mio vicino di panchina se il Monumental è lo stadio che ospitò la finale dei Mondiali del '78. Quelli di Kempes, di Zoff (auguri, ndr) e dei militari, insomma.
''De donde sos vos?'' mi fa Hebert Benitez-Gioachini, che si è appena fermato dopo 45 minuti ininterrotti di schiamazzi radiofonici.

Se non mi fossero bastati 3 giorni per capire che l’argentino sta al castigliano come il nisseno al fiorentino, penserei che lo straniero è lui.

Rispondo. Spiego. Ri-rispondo. Preciso.

"Che... tienes un castellano* barbaro!''.

Che poi non è un'offesa, ma un complimento. Interessato.
Sfruttamento a fini di audience in cambio di una dose di notorietà.
Il canovaccio è consolidato, Byron Moreno docet.
Mettiti la cuffia, inforca il microfono e vai con Dios: sei minuti e mezzo in diretta sui 100.1 di Radio La Costa.
E non è finita.
Alle nostre spalle c'è Victor Tujschnajder di Tyc Sports.
"De donde sos vos?".
Aridanghete.
Alla fine della fiera è talmente tardi che devo tornare a San Telmo a piedi.

E il giorno dopo devo sfoderare l'unica camicia decente e tentare di non cesellarmi la faccia con il trilama usa e getta della Bic: si va in onda dalle 13 alle 15 nella trasmissione Estudio Futbol su Tyc Sports.
E che i jeans abbiano un buchetto figlio dell'euforia di un cagnaccio durante le fasi più calde dell'assemblea barriale del Bar Avellaneda** fa niente, l'inquadratura lì non ci arriva.

Conduce Alejandro Enrique Fabbri, che esordisce così: "Questo è il campionato più scarso della storia argentina, nel week-end ho visto tre partite e ogni volta mi sono addormentato". E finisce così: "Il Boca ruba come la Giuventus". In mezzo, un sacco di randellate. Per la cronaca Tyc Sports detiene i diritti del campionato.

Durante una pausa pubblicitaria mi si avvicina il cameraman, Gustavo ("di cognome faccio Sonato, che in italiano vuol dire 'mezzo scemo', no? Beh... pensa che mi chiamano così pure di soprannome... hehe"), ansioso di mostrarmi un libricino giallo dal titolo 'Descubriendo la mente natural', scritto da un Lama trasferitosi in Argentina nell'85.

"Questo non si trova mica nelle librerie, sa'!".

Prima che si addentri nei dettagli, lo interrompe Carlos Silva, detto El Negro, il produttore.

A Estudio Fùtbol non ho aperto bocca, ma ho appena vinto taxi, seduta di trucco e invito a Boca TV, per dire martedì sera in 'Palco de Prensa', neonato covo di Xeneizes, cosa penso della Toyota Cup contro il Milan e visto che ci sto anche di Carlos Bianchi.

Nove vittorie e otto sconfitte in 25 partite e Totti quasi blucerchiato, ecco cosa penso.

Poi mi esce che "Shevchenko tiene el piedazo caliente" e che "Rivaldo va a Tokyo solo se si compra el boleto de l'avion" e mi guadagno la pagnotta. I due conduttori, Roberto Leto e Marcelo Palacios, instono per riavermi dopo la finale dell'Intercontinentale.

Bisogna vedere se torno in tempo dalla Patagonia.


P.s. Insomma, siccome la prima e ultima volta che ho messo piede in uno stadio per una partita di qualificazione ai Mondiali sono successe un po' di cosette a catena, c'ho riprovato.
A 800 metri da casa mia, all'AAMI Park - nella foto - era in programma un succulento Australia-Arabia Saudita. E' finita 4-2. Ma senza un paratone di Schwarzer al 92° finiva 4-3, che suona sempre bene. E con un paio di gol negati da un assistente più ciuccio di Romagnoli finiva tanto a poco. In realtà m'ero prodigato per rimediare l'accredito dopo aver scoperto che l'allenatore a progetto dell'Arabia è Frank Rijkaard ("Prossima sfida?" "Tornare a casa"), mentre quello dell'Australia è tal Holger Osieck, che a Italia '90 era il vice di Beckenbauer.
In pratica, visto che questo minuto ce l'ho sul gargarozzo da 22 anni, cercavo solidarietà. O vendetta.

*
che poi suona castesciano
**
che poi suona Avescianeda