martedì 16 ottobre 2012

L'isola del tesoro

Non ci vuole molto a mettere qualche spicciolo da parte, quando dal sottosuolo sgorgano 5000 barili di petrolio al giorno. Persino l'Angola c'e' riuscita. Se poi il mare nasconde i giacimenti di gas naturali più gonfi del pianeta, è automatico accumulare ricchezze individuali che doppino quelle svizzere e triplichino quelle italiane. Si spiega così che il PIL pro capite più alto del mondo sia generato in Qatar, una protuberanza dell'Arabia Saudita che fino agli anni Settanta si arrabattava grazie al commercio delle perle e si divertiva con la caccia col falcone.
Oggi, nel giocattolo della famiglia Al Thani, le perle le pescano solo gli immigrati del subcontinente indiano e i falchi hanno a disposizione cliniche specializzate. A Doha ogni abitante comincia infatti l'anno con 15 milioni di metri cubi di gas sotto le chiappe e 100 mila dollari in tasca, ha sede la più importante base militare statunitense del Medio Oriente e ha piantato radici la CNN del mondo arabo.
Il fatto che Al Jazeera significhi l'isola mentre il Qatar sia in una penisola attaccata ad un'altra penisola, costituisce solo uno dei paradossi di una nazione grande come l'Abruzzo arrivata a comprarsi praticamente tutto. Dal marchio Valentino ai ribelli siriani, dallo spazio sulle maglie del Barcellona ai Mondiali del 2022.
Oltre a cambiare l'immagine di sé all'estero, i petrodollari attirano anche gente da tutto il mondo e modificano il volto interno. Grazie al boom economico, la popolazione del Qatar è raddoppiata negli ultimi 5 anni e quintuplicata nell'ultimo quarto di secolo. Doha oggi conta un milione di abitanti, e di questi i qatarioti sono una piccola minoranza. I residenti nati nel Paese sono precisamente il 20%, come se gli italiani che vivono a Firenze fossero meno di centomila e il resto venisse da fuori.
La metà degli abitanti è composta da lavoratori pakistani e bengalesi, mentre uno su dieci è nato in Occidente. Eppure le compagnie estere non possono investire liberamente, gli stranieri residenti non possono lasciare il Qatar senza un visto di uscita e i turisti non possono visitare uno dei pochi simboli nazionali, il quartier generale dell'emittente panaraba.
Io aggiro il divieto solo grazie ad una richiesta inviata con ampio anticipo e la mediazione di Michela, che oggi lavora per Al Jazeera e nel 1989 - la prima volta in cui misi da solo il piede all'estero - mi venne a cercare all'aeroporto di Bruxelles. Il divieto di scattare foto rimane, per quello sarebbe servita un'altra lettera e un'altra mediazione.
Al di fuori degli studi televisivi, e del suq di Waqif, ricostruito a dovere, a Doha resta poco da vedere.
Certamente non il villaggio culturale di Katara (deserto), l'isola artificiale battezzata The Pearl (deserta), il quartiere fantasma di Venezia (deserto, appunto, ma ancor più patetico che deserto), la Corniche o una serie di grattacieli e centri commerciali. Tutte costruzioni che ogni tanto vanno a fuoco e che spiegano perché in Qatar ci sia tanta richiesta di architetti europei. Come Helena e Antonio, che al termine del secondo giorno mi accompagnano nel vecchio aeroporto prima che allo Juventus stadium si completi la spremuta di sangue.

p.s. per una volta che ho in mano il biglietto di una compagnia di bandiera preso su internet senza scomodare parenti o low cost, al check-in mi fanno sapere che sul volo non c'è posto per me. Overbooking, dicono. Sì, ho presente. Delle 7 persone di troppo, due accettano subito la sistemazione in albergo con biglietto in business per il giorno seguente. Delle altre 5, quattro vengono dirottate su voli alternativi. Resto io, che alternative non ne ho. A luglio m'era stato chiesto di tornare in radio "nella seconda metà di settembre", e io avevo preso le condizioni alla lettera, prenotando un volo che atterrava a Melbourne la sera del 30 settembre e rendendomi disponibile a condurre la trasmissione l'indomani mattina.
Inevitabile che nessuna delle varie opzioni offerte - con scali a Dubai, Singapore o Perth - sia buona per farmi tornare in tempo. Così, dopo un'ora e mezza di trattative, la Qatar Airways è costretta a tirare letteralmente giù dall'aereo un tizio di nome Charles per far salire me. Di corsa e con lo zaino pieno di liquidi, forbici, schiume da barba e magliette usate sotto il sole di Doha. Tutte armi di distruzioni di massa, che i vari metal detector o i loro addetti cercano inutilmente di bloccare. Un libro, tre film e 14 ore di volo più tardi, atterro a Melbourne. Sono le 22 del 30 settembre. Sette ore dopo, una delle quali passata a dormire, sbuco in radio. Si ricomincia.

21 commenti:

Anonimo ha detto...

mbè?

Ingegnere

Anonimo ha detto...

Finito l'inchiostro?
Rita

Anonimo ha detto...

ci anno taiato i diti


Onnis

Anonimo ha detto...

Onnis lavori nello staff di Alemanno?
Rita

Dario ha detto...

Era un test per vedere se qualcuno era vivo.

federico ha detto...

ok siamo vivi!
e ora?
:-)

federico ha detto...

ps - bella la nuova veste, più leggibile

AleRoma55 ha detto...

Test riuscito!!!

AleRoma55

Anonimo ha detto...

Per passare il test bisogna essere proprio vivi vivi o è sufficiente vegetare?


Onnis

PS x Rita
Dio ce ne scampi e liberi.

Anonimo ha detto...

Hai ragione non hai scritto "accaunt" oppure ha senza acca! ;D
Rita

nesco ha detto...

Qui Charlotte, North Carolina. Non so bene che ora sia qui, il che mi rende impossibile calcolare quante decine di ore di fuso orario ci separano. Sono bloccato all'aeroporto da un fastidioso ritardo, dopo una settimana (abbondante) di americaggine, e di scienza. Ne ho abbastanza di entrambe, a questo punto.
Buona giornata (o serata?!)

Dario ha detto...

Luché, no. Basta che respiri.
Federi', detto da Lei fa testo quasi come se lo dicesse Bobbino. Il quale non si vede ma l'ha detto.
AleRo', che so' ste uscite col contagocce? Che d'è della tua vita?
La mia per ora è ancora scandita dalla radio: il contratto che mi hanno sottoposto prevede 16 ore a settimana, ma in realtà ad ottobre ne ho lavorate il doppio. Il mese prossimo invece potrebbe esserci qualche buco qua e là, tanto che pensavo di rifare un salto in Tasmania. Ma visto che pensavo anche all'anno prossimo, nel quale idealmente si va alle Isole Salomone a febbraio, al Foro Italico via Bahrein (ci riprovo ;) a maggio, in Oman a giugno e in Corea del Nord o in Iran o in Etiopia a luglio e poi a settembre boh, mi sa che me la risparmio :)
Ri', dici che l'abbonamento 'silver' a Melbourne Park - per giocare sui campi degli Australian Open più o meno quando mi pare - li vale, 59 dollari al mese?
Anto', dell'americaggine vanno prese le cose migliori. Tipo Victoria o le New Balance a metà prezzo. Di cosa avete parlato? Niente che possa tornare utile a SBS tipo questo? http://www.corriere.it/salute/neuroscienze/12_ottobre_19/razzismo-cervello-non-innato_588e548c-19db-11e2-86bd-001bc48b3328.shtml
Comunque dalla prossima settimana le ore di differenza diventano 10, direi che se po' fa'.

Anonimo ha detto...

Da' co tutti 'sti giri mi hai fatto venire il mal di testa.. Quasi come la Roma di stasera!
Ma davvero giocare a tennis su quei "campetti" costa meno di un mensile in una qualsiasi palestra a Roma?
Rita

il curatore del look ha detto...

eccerto... uno aggiorna il layout del blog lasciando tutte le icone scure del precedente, e je dite pure ch'è bello?

semo tutti webmaster col blog altrui...

meno male che c'è "bobbino"...

Dario ha detto...

Sì Ri', e compresa nel pacchetto c'è anche la palestra. Posso pure invitare un paio di ospiti, se qualcuno è interessato. Le fregature sono due: che Babbo Natale mi dovrà portare una racchetta con un paio di mesi di anticipo (Donnay X-Dual Silver - bella come poche e erede della Cobalt accattata nel '91 - Head Prestige S o Radical MP che sia oppure Wilson Pro Staff federeriana? questo è il problema) e che a gennaio devo lasciare i campi a Nadal.

p.s. Tutti in coro: "Meno-male che Bobbino c'è...!"

Anonimo ha detto...

Ma la Donnay non era quella che Agassi aveva chiamato 'ferro vecchio'?
Paolo

Dario ha detto...

Anche io la conoscevo così la storia, Paolé. In realtà nel suo libro Agassi attribuisce il giudizio a un membro del suo staff. Di fatto però ammette di aver giocato una partita con un'altra racchetta camuffata da Donnay, dipinta di giallo e grigio, mi pare. E racconta che la storia ebbe conseguenze contrattuali. Non so se lo fosse o lo fosse diventata, un ferro vecchio (previously la usavano Laver e Borg, vojo di'...), sicuramente dopo quella vicenda non se la passò bene e la casa madre belga chiuse prima di reincarnarsi in un'azienda americana.
Io so solo che la mia Cobalt ha retto 20 anni e ha fatto vincere un fottio di partite ad una pippa autodidatta come me. Purtroppo è un polmone che non va neanche col vento in poppa, e te lo puoi permettere solo se fai serve & volley, se copri tutto il campo o se il tuo avversario è uno scaldabagno. Se invece metti una prima su dieci, pesi più di 66 chili e l'altro tira forte, so' dolori.
Nel dubbio ho preso in prova un X-dual core silver, sottilissima e bellissima. Il problema è che sono bellissime anche le altre. E che entro il fine settimana devo eliminarne tre e scegliere la mia durlindana del prossimo ventennio.

p.s. le ho prese nel negozio di un emigrato di Vercelli del quale mi aveva parlato qualche incordatore al Foro Italico. Quando ero lì è passato Joe Sirianni, che adesso fa lo sparring partner della Ivanovic, e s'è andati tutti a prendere un caffé.
p.p.s. se hai capito l'80% di quello che scritto, non sei normale. Ma sei probabilmente l'uomo della mia vita.

Anonimo ha detto...

Panagiotis Tachtsidis (in greco Παναγιώτης Ταχτσίδης; Nauplia, 15 febbraio 1991) è un calciatore greco, centrocampista della Roma e della Nazionale greca Under-21.

Ingegnere

Dario ha detto...

Simo', sembra il testo di un cartello WANTED.

bobino ha detto...

pensa che pure io che le pallette da tennis al massimo l'ho tirate al cane... ho una Donnay in lega leggera (alluminio e non so cos'altro) dei primi anni 70, proveniente da non so quale tennista americano... un amico m'ha detto che è pure un oggetto da collezione... ma chi colleziona certe porcherie?

Anonimo ha detto...

A proposito di cimeli e di porcherie, le foto giapponesi quando arrivano?
Paolo