Al netto degli spostamenti interni ad ogni paese (tipo 30 ore su un cargo filippino per arrivare su un'isola altrimenti irraggiungibile, il barcone bengalese stile zattera di Huckleberry Finn che però pretende di ridiscendere il Gange, eccetera eccetera) ecco il mio piano voli, più arzigogolato delle trame di Lynch:
25/2 Melbourne-Darwin (volo JQ61 della JetStar)
25/2 Darwin-Manila (volo JQ75 sempre della JetStar)
17/3 Pampanga (l'aeroporto Manila Clark è in realtà un'ex base militare Usa riciclata - ergo tasse aeroportuali zero)-Kuala Lumpur (volo AK663 dell'AirAsia, infame low low low cost malese)
18/3 Kuala Lumpur-Dhaka (volo AK 148 dell'AirAsia dopo 23 ore in aeroporto)
28/3 Dhaka-Dubai (volo FZ 584 della FlyDubai, neonata lowcost degli Emirati)
30/3 Dubai-Bahrein (volo GF511 della GulfAir, dopo una notte sulle sedie dell'aeroporto in arrivo e una in partenza)
30/3 Bahrein-Milano (volo GF021 della Private Air)
p.s. il volo della Gulf Air - l'unica compagnia di bandiera del lotto - dura 15 minuti. Se la Private Air esista davvero o se abbia appena preso una sòla su internet non lo so.
DAY 1/2/3 - MANILA
Appena ho potuto mi sono tagliato i capelli, il coiffeur di turno e' stato un lady boy con mire espansionistiche. Il primo filippino che ho incrociato per strada mi ha proposto cialis e viagra, mentre il primo occidentale in cui mi sono imbattuto e' un vecchio danese che conosce una sola parola in italiano - non e' ne' pizza, ne' pasta ne' mandolino - e o ogni volta che lo incrocio me la ripete. Lo incontro abbastanza spesso, perche' dormiamo nello stesso ostello, anche se io dormo (poco) su un letto probabilmente usato da Torquemada per estorcere confessioni agli eretici.
DAY 4 - PUERTO PRINCESA
All'ambasciata del Bangladesh di Manila m'hanno tenuto appeso al responso dell'alto diplomatico di Dhaka e famiglia sul mio caso. Per fortuna la mia risposta al di lui quesito "Perche' mai vuoi andarci?" ha sfiorato anche la coppa del mondo di cricket che sta per cominciare da quelle parti e dev'essere sembrata convincente. Cosi', dopo due ore di attesa, hanno buttato li' per li' un prezzo per il visto (sul formulario la voce: "Straniero in visita per Turismo" non era neanche contemplata) garantendone il rilascio per venerdi'. In un lampo di lungimiranza ho anticipato che nonostante la mia maglietta reciti 'UNREASONABLE MAN' (un successone, la vogliono tutti) non ho intenzione di passare una settimana a Manila sul letto di Torquemada e che se non perdono il passaporto passo a riprenderlo fra una decina di giorni. Quindi mi sono messo in moto senza documenti e dopo un rapido sondaggio al porto, sono salito sul volo ZestAir (mica cacchi) per l'isola di Palawan. Mi ha accolto un acquazzone di fronte al quale un diligente dipendente della compagnia aspettava in cima alla scaletta aprendo un ombrello per ognuno dei passeggeri. C'ho messo piu' ad uscire dall'aereomobile che a fare la trasvolata e poi mi sono comunque fradiciato facendomela a piedi dall'aeroporto al centro di Puerto Princesa, la citta' in cui - come recita il cartello di benvenuti - i cittadini sono rispettosi dell'ambiente, disciplinati e timorati di Dio.
DAY 5/6/7/8 - EL NIDO
L'arcipelago delle Bacuit si e' ritagliato un posticino imperituro nella mia memoria, a prescindere dallo splendore delle isole e dei fondali, dalle meduse e dai galli che attaccano in coro alle 5 in punto. El Nido restera' per sempre il posto in cui per la prima volta ho dormito da sposato con un'altra donna. A mia discolpa posso addurre sia il fatto che era la camera piu' economica della cittadina, sia che i letti erano due e ben distanziati sia, soprattutto, il fatto che Patricia somigliava come una goccia d'acqua ad Alvaro Vitali.
Piu' ancora, El Nido si e' guadagnato un posto speciale nella mia memoria per le cento ore di stipsi cui mi ha costretto. Non credo mi fosse mai capitato. Il fatto che l'unico medicinale nel mio zaino sia l'Imodium e che i filippini chiamino il bagno comfort room anche quando e' una baracchetta ad uso comune col pavimento di pozzolana che ospita rettili e anfibi di varia foggia, nella quale la ritirata e' alta due palmi ed e' scheggiata, lo scarico non esiste l'acqua e' gelata, aumenta il tasso di ilarita' della vicenda. E poi la spiega, la vicenda della stipsi.
Inspiegabile e' invece il perche' in italiano nessuno sappia dire trenette al pesto ma imprechi con nonchalance dal profondo del cuore. Stamane una distinta signora di Manila che ha studiato a Perugia e vive da trent'anni a Francoforte non ricordava la parola bello, ma quando il bus ha sbagliato un sorpasso in curva le e' uscito spontaneamente un porca M... che neanche a Mazara del Vallo. E appena risistematomi in camerata a Puerto Princesa, un canadese mi si avvicina e mi fa "In italiano so dire solo due cose: la prima e' Berlusconi, la seconda una bestemmia. La vuoi sentire?". No, mi basta la prima. Prossime mosse: riprendere i contatti col genere umano (in quattro giorni ho finito i due volumi di Padiglione Cancro e il quinto mi sono buttato avidamente sui Buddenbrook), trovare qualcuno che sappia dire trenette al pesto, tornare a Manila lunedi' e recuperare il passaporto all'ambasciata bengalese. Poi piegare a sud (Legazpi-Mt Mayon-Donsol) prima di rotolare verso nord (Baguio-Bontoc-Banaue-Vigan).
DAY 12 - VIGAN
Non dormo su un letto - anzi, non dormo in generale - da 3 giorni, ho attravesato Luzon da sud-est a nord-ovest e ho trascorso su vari bus 35 delle ultime 48 ore. Ma le altre 13 sono state memorabili. Ho passeggiato all'alba ai piedi di uno dei vulcani piu' scenografici del pianeta, ho nuotato nell'oceano muso a muso con squali balena di dieci metri e sono giunto nella citta' spagnola meglio preservata d'Asia. E quel che piu' conta, in tutto questo non ho neanche preso una coltellata, a differenza di Eddy.
(segue)
DAY 15 - BONTOC
In linea d'aria fra Vigan e Sagada ci passano una novantina di chilometri, come tra Roma e Viterbo. Ma in mancanza di collegamenti diretti, per andare da Vigan a Sagada bisogna cambiare a Baguio, a 140 da entrambe. Un po' come andare da Roma a Viterbo passando per Cassino. Tenendo conto dei tempi di percorrenza dei bus filippini, che di norma si fermano per raccogliere qualsiasi cosa si agiti sul ciglio della strada appena hanno innestato la seconda, e' come andare da Roma a Viterbo cambiando a Catanzaro. Per andare da Vigan a Sagada ci vogliono almeno 13 ore, e conviene mettersi in moto assieme ai galli da combattimento. Per questo ieri m'ero affacciato al terminal di Vigan chiedendo l'orario di partenza del primo bus per Baguio. "Alle 6.30" la risposta. E stamane alle 6 antemeridiane ero li', blandamente docciato e prontissimo a sentirmi dire che il bus era cancellato (il pirla di turno, arrivato in postazione alle 7 e ignaro della soppressione in atto da chissa' quanti mesi, quando l'ho guardato in cagnesco mi ha pure rimbrottato: "Ti avevo detto alle 6.30... il bus e' gia' partito!") e che dovevo aspettare un'oretta. Poi diventate due. Routine, in Asia. Infatti la colpa e' mia, che oltre ad aver cercato informazioni su quel bus ne avevo cercate anche sul successivo, da Baguio a Sagada. "C'e' ogni ora, tutto il giorno" la risposta. E meno male che non c'ho creduto. Perche' scaricato a Baguio nel solito pseudo terminal, ho fatto appena in tempo a scapicollarmi in un altro pseudo terminal e a bloccare un bus in partenza con la dicitura 'Bontoc', dopo che l'autista mi aveva confermato dal finestrino che l'ultimo bus per Sagada era partito da una mezz'oretta. E visto che Bontoc sta a Sagada come Bolsena a Viterbo, mi sono accontentato e sono salito a bordo, a stomaco vuoto e senza aver svuotato la vescica. Tanto ho perfezionato soluzioni ad ambo i problemi. E ho digerito un'altra giornata di curve alternando Thomas Mann a B movies filippini, nella speranza di individuare i nuovo Joseph Estrada, uno che s'era fatto un nome sparando ad un sacco di gente in tv prima di diventare presidente della Repubblica e a una pletora di telenovelas di qualita' (Machete piena di cazzotti, My Wife - My Lover piena di lacrime, Nita Negrita - protagonista tal Barbie Forteza, una ragazzina locale dipinta di nero nel ruolo di una di colore, non so se per mancanza di attrici di colore o perche' la raccomandazione di Barbie Forteza e' di quelle serie, il risultato e' comunque patetico) e a giochi a premi in cui il vincitore viene saldato in contanti. Finche', arrivato col buio a Bontoc, prima di sganciare due euro e mezzo per un letto e un bagno in comune con un secchio d'acqua fredda per farsi la doccia, ho ringraziato le autolinee filippine con un centinaio di pagine volate via dai Buddenbrook e con una bottiglietta piena di liquidi ipertonici processati dai miei instancabili reni.
DAY 20 - ANGELES CITY
Quando Clark era la base dell'Air Force Usa in appoggio alla Quinta Flotta, i G.I. americani avevano piazzato il loro parco giochi a tre miglia di distanza, e nel paesino di Angeles circolavano 100.000 prostitute. Adesso che la struttura e' stata convertita in scalo civile per una manciata di compagnie aeree low cost, le operatrici del sesso sono scese a 10.000, ma i frequentatori danno l'impressione di essere sempre gli stessi. Solo con quarant'anni di piu'. Ad Angeles non si vedono ne' straniere ne' macchine fotografiche, perche' c'e' solo una cosa da fare e non e' la scalata del vicino vulcano Pinatubo.
Ci sono arrivato dopo le solite 13 ore fra vari bus per evitare l'ennesimo ritorno nella conurbazione da 600km quadrati e 12 milioni di anime che gli spagnoli in un esercizio di prolissita' avevano battezzato Insigne y Siempre Leal Ciudad - che poi sarebbe Manila - preferendola per la sua vicinanza a quella utile via di fuga dalla nube radioattiva giapponese che e' l'aeroporto.
E perche' dopo cinque giorni bucolici di trekking e percorsi a rischio noce del capocollo fra grotte di Sagada e terrazzamenti di Batad, un po' di ventre cittadino riequilibra. E perche' dopo aver conosciuto Tony Tocdaan (uno splendido cinquantenne col fisico da boxeur che ha recuperato l'occhio perduto in un assalto a Manila solo grazie all'intraprendenza di un tassista di San Francisco - Brad Newsham - che gli ha pagato il biglietto per la California e l'operazione con i proventi di un libro di racconti di viaggio) e' giusto che conosca anche Joe, che e' finito in galera per reati di sesso e si e' ridotto ad elemosinare spicci ai suoi connazionali di passaggio.
E perche' dopo aver sbattuto per 15 ore su un libro pieno di termini come ligustro, almuzia e soggolo, arrivare in una cittadina dove ti propongono strip tease anche alle 8 di mattina ha un effetto di uno chabrol.
Allunga gli avanzi della minestra filippina con il vino rosso. Cosi' il piatto si gusta fino in fondo.