Mentre dall'altra parte del mare di Tasman l'Australia piange Heath Ledger e chiede definitivamente scusa agli aborigeni per le atrocita' del passato, in Nuova Zelanda la copertina e' occupata da tal Antonino Salamone, un figliuolo dello Stivale che assieme a due riccioluti olandesi di nome Bart e Johan ha simulato il furto dei suoi beni nel camper affittato. Scoperto dalla polizia, Antonino e' stato rispedito a Melbourne dopo sputtanamento televisivo in prima serata con tanto di reprimenda "per aver sporcato l'immagine del popolo" e corrispettiva sanzione pecuniaria. Due giorni dopo, infine, il quotidiano di Taupo brucia la concorrenza pubblicando in prima pagina la foto di Jason Owens, uno dei 120 marines australiani venuti nell'isola settentrionale per sottoporsi ad un addestramento intensivo, mentre si tuffa con una coda elastica. Nel tempo liberato dai superiori, dice il sommario, Owens ha scelto il bungy. Alcuni suoi colleghi invece il paracadute. Dopo due settimane mi assale potente la sensazione che in Nuova Zelanda non accada mai un piffero.
Eppure il Paese e' stato il teatro della piu' formidabile esplosione vulcanica della storia del nostro astro. Di quel botto e' rimasto proprio il lago Taupo, che oltre ad ricoprire il ruolo di occhio del leggendario pesce acchiappato da Maui, ospita una buca da golf galleggiante. Con una ventina di dollari compri un cesto di palline, e oltre all'innegabile esperienza di vita, se ne infili una accanto alla bandierina vinci anche un sacco di bei premi. E comunque sia contribuisci alla creazione della figura professionale del recuperatore di palline in fondo al lago. Come non bastasse, fra i tanti "piu'" che fanno l'identita' di una nazione, la Nuova Zelanda espone al mondo intero Taumatawhakatangihangakoauauotameteaturipukakapikimaungahoronukupokaiwhenakitanatahu, uno scioglilingua maori da 80 lettere che indica una collina di 305 metri col nome piu' lungo della Terra. Io mi fiderei ciecamente - soprattutto perche' il primato non aggiunge molto alla comunita' e toglie pochissimo al mio ego - ma visto che gli stessi kiwi definiscono Invercagill la citta' piu´a sud del mondo verrebbe voglia di cercare un po' in giro. Non e' escluso che oltre ad Ushuaia e ad una mezza dozzina di cittadine patagoniche piu' vicine all'Antartide saltino fuori pure nomi piu' lunghi di Taumatawhakatangihangakoauauotameteaturipukakapikimaungahoronukupokaiwhenakitanatahu. Tanto loro, i neozelandesi, si consolerebbero con la sky tower di Auckland, ovverosia l'edificio piu' alto di TUTTO l'emisfero meridionale. Sulla cui simbolica grandiosita' non si puo' proprio eccepire. Anche perche' in cima ai suoi 328 metri puoi fare una serie di attivita' fichissimissime tipo lo sky jump e lo sky walk. Per tutto questo la Nuova Zelanda e' un postone. Nel quale e' inevitabile che quando suonano i Chemical Brothers negli ostelli non rimanga un solo letto libero, e che dopo vari giri io sia costretto a dividere una stanza con un elettricista di Goteborg. Robert ha grosse difficolta' con l'inglese, un culo anticostituzionale a briscola ed e' testimone della mia liberazione dal giogo del letto a castello. Nei sessanta giorni fra Australia e Nuova Zelanda mi aveva risparmiato solo nel deserto, nei bus o sulla moquette dell'aeroporto di Christchurch. Cioe' quando lo avevo rimpianto. Invece per colpa dei Chemical Brothers l'ultima notte dormo su una superificie tutta mia. Salutando il commonwealth britannico con la sensazione che le due nazioni siano cugine, con genii e principii comuni, ma aspetto e carattere distinti. E che calamitino le speranze dei giovani globali riempiendole di un giovanilismo alla lunga, probabilmente patetico.
In due mesi ho parlato con Philip di Cina, con Lonneke di Parkinson, con Simon di Asia centrale, con Fabiana e Juliana di Brasile, con Thomas di politica, con Steven di Timor, con Omer di Israele, con Sonia e Paolo di me, con Natasha di noi, con Nicola di lei, con Robert di niente. Scogli in un mare di birra. E ho parlato nel senso che ho parlato. Io. Poi l'ultima mattina incontro Zahra e il suo inglese indurito dalla radice pashtun. Ex insegnante a Kabul venuta alla luce a Jalal-Abad, gestisce senza trasporto uno stand del mercato di Auckland. Fuggita dall'Afghanistan occupato dall'Armata rossa nell' '82, dopo un anno a Delhi e' stata trascinata da un parente in Nuova Zelanda. Arrivata al momento del bilancio, Zahra abbassa leggermente la voce. "Da 26 anni sono in prigione". "Si parla tanto dei talebani - aggiunge - ma mia nonna, mia madre ed io il burka lo abbiamo sempre indossato. E sapessi quanto male hanno fatto i russi! Seminavano giocattoli esplosivi nel Paese; coi miei occhi li ho visti rinchiudere ragazzini nelle scatole di cartone dei televisori e giustiziarli a freddo. Ora vorrei tornare - mi spiega tornando al tono colloquiale - perche' qui l'istruzione e' migliore che negli Usa e la gente e' meno razzista che in Australia. Ma poi senti di essere circondato dal mare, lontano da tutto. E non succede mai niente. La Nuova Zelanda e' un posto noioso, noioso, noioso". Torno a raccogliere il mio zaino, che a forza di ingurgitare libri pesa 3 kg piu' di 3 mesi fa, e all'ingresso dell'ostello ritrovo il sorriso da giovane diessino di Jimmy Keogh. Irishman struck by lightening dopo tre settimane sta ancora li'. Il discorso di Zahra non fa una piega.
In due mesi ho parlato con Philip di Cina, con Lonneke di Parkinson, con Simon di Asia centrale, con Fabiana e Juliana di Brasile, con Thomas di politica, con Steven di Timor, con Omer di Israele, con Sonia e Paolo di me, con Natasha di noi, con Nicola di lei, con Robert di niente. Scogli in un mare di birra. E ho parlato nel senso che ho parlato. Io. Poi l'ultima mattina incontro Zahra e il suo inglese indurito dalla radice pashtun. Ex insegnante a Kabul venuta alla luce a Jalal-Abad, gestisce senza trasporto uno stand del mercato di Auckland. Fuggita dall'Afghanistan occupato dall'Armata rossa nell' '82, dopo un anno a Delhi e' stata trascinata da un parente in Nuova Zelanda. Arrivata al momento del bilancio, Zahra abbassa leggermente la voce. "Da 26 anni sono in prigione". "Si parla tanto dei talebani - aggiunge - ma mia nonna, mia madre ed io il burka lo abbiamo sempre indossato. E sapessi quanto male hanno fatto i russi! Seminavano giocattoli esplosivi nel Paese; coi miei occhi li ho visti rinchiudere ragazzini nelle scatole di cartone dei televisori e giustiziarli a freddo. Ora vorrei tornare - mi spiega tornando al tono colloquiale - perche' qui l'istruzione e' migliore che negli Usa e la gente e' meno razzista che in Australia. Ma poi senti di essere circondato dal mare, lontano da tutto. E non succede mai niente. La Nuova Zelanda e' un posto noioso, noioso, noioso". Torno a raccogliere il mio zaino, che a forza di ingurgitare libri pesa 3 kg piu' di 3 mesi fa, e all'ingresso dell'ostello ritrovo il sorriso da giovane diessino di Jimmy Keogh. Irishman struck by lightening dopo tre settimane sta ancora li'. Il discorso di Zahra non fa una piega.
p.s. Secondo l'ennesima selva di frecce chilometriche, Auckland e' piu' vicina a Londra che a Parigi. Oltre alla remota possibilita' che i kiwi siano confusi per natura, la spiegazione puo' essere la seguente: per andare a Londra si fa prima a proseguire verso est, per Parigi e' viceversa appena piu' conveniente tornare indietro. Visto che secondo le stesse frecce Roma e' a meta' strada fra le altre due capitali, la risposta e' non lo so. So pero' che con 4 pagine rimaste libere sul passaporto e' meglio proseguire verso oriente. Ci sono tante onde e poche frontiere.
ps. è on-line la nuova gallery NZ
Ad un certo punto della vita ho smesso di sognare. E ho cominciato a produrre piu' idee che fantasie. Realizzarle sazia e appaga, ma non fa che aumentare gli squilibri. Perche' se l'amore disseta lo spirito come acqua di fonte, la passione soddisfa mente, stomaco e palato. Ma ti fa pagare zucchero, bollicine e marchio registrato, come una bibita gasata. Gonfia e non basta mai. Cosi' piu' aumentano gli squilibri piu' il bicchiere - pieno o vuoto che sia - risulta semplicemente troppo piccolo. Ero perso in vicoli del centro, offuscati dalla nebbia emotiva, fra pensieri caldi e emozioni fredde. Come il sole e il vento dello stretto di Cook. Oggi, domani e ieri si accavallavano, chiedendo spazio, ascolto e dignita', il normale e l'eccezionale si spintonavano, ognuno forte delle proprie ragioni. Ma una risposta - almeno una - era sul punto di varcare la soglia della ragione, quando la Pride of Cherbourg si e' accomodata sui respingenti del porto.
Trentatre (come gli anni di Cristo, di Pozzy e di mio cugino, se e' ancora vivo - come i trentini che entrarono a Trento trotterellando tutti - come gli scudetti che avrebbe la Juve se qualcuno non si fosse inventato calciopoli) settimane dopo aver chiuso lo zaino la prima volta, sono arrivato a Wellington. La capitale piu' meridionale del pianeta, l'estremo opposto della Terra rispetto a casa.
La leggenda narra che l'isola settentrionale (in un eccesso di fantasia battezzata north island) fosse un enorme pesce. Catturato da un semidio di nome Maui, l'animale si pietrifico' sulla superficie del mare, e i suoi tentativi di divincolarsi dall'amo generarono montagne e vulcani. Le Divinita' non tollerarono l'affronto e, pur risparmiando la vita di Maui, per punizione gli congelarono la canoa. Che si trasformo' nell'isola meridionale (chiamata south island, per non confondersi). Te ika e Te waka, il pesce e la canoa, a Maui, furono raggiunte nel tredicesimo secolo da un navigatore polinesiano di nome Kupe, nel 1642 furono sfiorate dagli olandesi con Abel Tasman e solo nel 1769 furono visitate dagli inglesi con James Cook. Ai primi si deve l'insediamento dei maori, ai secondi il nome Nieuw Zeeland, ai terzi quasi tutto il resto. L'Union Jack sulla bandiera e lo sterminio di varie specie di colossali pennuti, il cristianesimo e i maiali, due decenni di guerre e il rugby, i moschetti e le patate, senza le quali il fish&chips non viene bene. Aotearoa, la terra della lunga nuvola bianca, l'angolo piu' remoto di Occidente, si fonda su una storia ristretta ma su una quantita' di simboli universalmente conosciuti che stuzzicano gli appetiti turistico-esotici dei cittadini del vecchio west: i kiwi, l'haka degli all blacks, la silver fern - la felce argentata - il set del Signore degli anelli e, per ultimo, quello zuzzurellone di A.J. Hackett, un tizio che ispirandosi ad una cerimonia di Vanuatu e a costo di farsi arrestare dalla gendarmeria della torre Eiffel, venti anni fa ha brevettato, inventato e diffuso la moda del bungy jumping. L'isola meridionale ostenta sia il primo - il ponte sul fiume Kawarau, metri 43 - sia il piu' alto - Nevis, metri 134, secondi di caduta libera 8.5 - della serie terrestre. Motivi di vanto per un intero popolo. E di attrazione per gli sbarbati di tutto il globo. Sulla pubblicita' piu' ricorrente e scopiazzata un tizio con le treccine e gli occhi allucinati rivela "Even my shit was scared". L'aforisma e' attribuito ad un certo Drew di Liverpool. In un video promozionale, Hackett in carne ed ossa sostiene che il 99% di quelli che hanno provano a buttarsi nel vuoto coi piedi legati ad una fune elastica di caucciu' malese vivono l'esperienza piu' paurosa della loro vita. L'altro 1% forse e' salito su un bus del Ladakh.
La Nuova Zelanda resta una meta di nicchia del turismo maturo. Un polo di attrazione per chi apprezza la natura incontaminata, le vedute panoramiche, una devozione religiosa per l'ecosistema, una difesa maniacale della fauna e l'aria freschina ma buona. La nomea impegnata e dal sapore new age risultava pero' forse poco redditizia sul mercato del turismo giovanile, cosi' il Paese ha rivisto le strategie e ha tessuto una ragnatela vischiosa di infrastrutture per il divertimento a pagamento. Per attirare le decine di migliaia di olandesi, tedeschi e scandinavi che raccolgono frutta nelle campagne australiane e poi vogliono godersi i dollari guadagnati. Per ingabbiare centinaia di migliaia di inglesi e americani che non hanno neanche bisogno di raccogliere meloni e pomodori. Una volta creata l'etichetta ed esportato il marchio, il successo e' assicurato. Oggi la fetta implume dei 2 milioni di stranieri che superano i pignoli controlli aeroportuali, atterra in Nuova Zelanda per cercare lo sballo, per spararsi dosi di adrenalina artificialmente prodotta e costosamente acquistata. La nazione dei 4 milioni di abitanti e dei 50 milioni di pecore, la prima ad estendere (nel 1893) il diritto di voto alle donne, si e' tramutata in uno spremitore di turisti, in una macchina infallibile per squinternare i giovani anglossasoni e giapponesi. Nella sola Queenstown, sulle sponde del lago Wakatipu, il bungy jumping ha partorito una cucciolata da cento mostriciattoli. Attivita' non sempre intuitive tipo action flite, fly by wire, heli hike, flying aerobatics, wake boarding, water skating, canyoning, kneeboarding, bana boat rides e biscuiting. Alcune si scelgono in base alle predisposizioni naturali - c'e' chi e' nato per il para gliding e chi per l'hang gliding, chi per lo sky dive e chi per lo sky jump - altre perche' sugli opuscoli garantisce Suzy da Singapore ("You bloody crazy kiwis!"), altre ancora in base alle offerte clamorose. A Rotorua, per esempio, con il triple bypass ti ciucci in sequenza zorb, swoop e agrojet risparmiando la bellezza di 9 dollari, 5 euro pieni. Su i 250 che ti scuciono sa davvero di affarone. Se poi non ti bastano tutti questi surrogati dei tassisti kirghizi, c'e' sempre la ciliegina sintetica. 

Lina mi ha chiesto di farglielo vedere. Superato un naturale imbarazzo l'ho tirato fuori e gliel'ho mostrato. Non l'ha affatto impressionata: il mio piede e' guarito. Il suo invece e' stato pizzicato da una vedova nera, sul tallone ha una ferita infetta larga come una bruciatura di sigaretta. Trovata la destinazione d'uso della boccetta antisettica di Karl. "Sei un fotografo, vero?". (No, ma se puo' portare a qualcosa...). "Ho un problema con la macchinetta, mi aiuti?" (Si', e in cambio?). Lina non sa dell'esistenza di un cavo che collega la fotocamera ai computer. Sicche' spiegarle che puo' scattare in bianco e nero, escludere il flash e aumentare la sensibilita' dell'ottica ha fatto di me la reincarnazione di Robert Capa. Peccato che lei non sappia chi sia. Visto che qualcuno (cioe' io) ha sparso in giro la voce che i miei polpastrelli sono taumaturgici, l'agente di Helsingborgs con la silhouette di Barbie Malibu mi chiede una dimostrazione di massaggio. (Controllo l'agenda e ti faccio sapere). Pratica, pubblica e pudica. (Ci mancherebbe). La soffoca di fiocchi sul suo nuovo mastrolindo svedese e su come a 27 anni abbia finalmente imboccato la strada virtuosa della fedelta'. (Tanto non sei il mio tipo). Per ringraziarmi in natura mi fa trovare una confezione da sei di Becks, quindi si corica con un mascellone tedesco. (Brava, e' importante continuare a mettersi in discussione). "Lina mi ha detto un sacco di cose sulle tue qualita'" mi fa l'indomani il crucco. Poi dice che uno beve per dimenticare.
Bianca ha il gusto dell'orrido. Di me apprezza la padronanza dell'inglese, la lunghezza delle ciglia e la consistenza delle unghie. Sostiene che sia un gentiluomo, uno psicologo e un mago. Troppo glicogeno nuoce prima al fegato e poi a tutto l'organismo, l'abuso di complimenti alla lunga porta al rigetto. Quando chi li distribuisce si stufa di aspettare, se va bene ti iscrive al club degli stronzi buoni. Ma passa, finche' Bianca non scatena il censore sopito. Basta poco, basta darmi della persona interessante. Interessante e' un participio spacciato per aggettivo. E se applicato agli esseri umani e' freddo, presuntuoso e ipocrita. Interessante puo' esserlo un documentario o un saggio; gia' un film o un libro, con la loro una carica di coinvolgimento, richiedono definizioni piu' empatiche. Figuriamoci una persona. Acuto o stolto, radioso o fosco, educato o abbrutito, attruibiscono. Non presuppongono o presumono corrispondenza, si limitano ad esporre un punto di vista. Interessante sottintende viceversa che l'interazione avvenga sul piano di un riconoscimento intrinsecamente bilaterale. Sappi che tu puoi interessare me. Quale onore. Il piu' delle volte chi lo dice non lo e' neanche, interessante. E comunque, giusta o sbagliata che sia l'attribuzione, nell'evoluzione del corteggiamento definire qualcuno interessante e' diventato il metodo piu' rapido e meno compromettente per nascondere la mano che lancia il sasso del sondaggio. Non attribuisce gratuitamente, ma adula chiedendo corrispondenza e presumendo affinita'. Invece di fracassarmi una roncola sullo sfenoide, Bianca corregge: sono profondo e stimolante. Le qualita' di riserva di chi ha pochi pettorali per buttarla sull'apparenza. "Vorrei essere forte, per darti quello che cerchi" chiosa, con il labbro inferiore tremulo e gli occhi sul punto di sgorgare frustrazione da sentimento non ricambiato. Vorrei dirle che la forza non e' ne' una causa prima ne' un prodotto finito. Ma taccio. Un gabbiano che si e' appena ingozzato con gli anelli di cipolla fritti del vicino di asciugamano mi spruzza due smerzini di guano sulla rotula. Il giorno dopo un cacatua si affila gli artigli sul mio avambraccio. Quello dopo ancora un pipistrello mi caca sulla Lumix. Mi sa che me lo merito.
Google non si fa mai cacchi suoi. Cosi', alla quinta telefonata negli ostelli della zona, Diana Daniells-Xavier mi ha stanato. Meglio conosciuta col nome di battaglia di "la pastora", si incuneo' nel lato B del mio semicerchio mediorientale, fra Cafarnao e Gerusalemme. Riapparendo poi ad intervalli di anni, quando meno me lo aspettavo. Proprio per questo stavolta dovevo aspettarmela, una mail. "Sei a Sydney! Non ci posso credere! Sono nove anni che ti aspetto ... mi hai reso la persona piu' felice del mondo!". E tanti altri punti esclamativi, visto che mi ricordava biondo e con gli occhi azzurri. Del resto e' una donna di mezza eta' che ha bruciato due matrimoni civili prima di approdare a uno religioso con Dio in persona. Oggi il Signore con la S maiuscola regola i fili del suo protestantesimo pentecostale e, anche se Ddx - la chiamano tutti cosi', ce l'ha scritto pure sul casco da 1.000 dollari - non ci sente piu' bene, Lui le parla in continuazione. Le dice di regalare una perla nera tahitiana alla prima ragazza che incrocia, le dice di comprarsi una Yamaha V Star 650 "come quella di Valentino" per fare proselitismo fra i
Saskia invece mi aveva eletto a cavaliere dell'ambiente. Dato che gli aerei sono i maggiori inquinanti del pianeta, l'esser arrivato in Australia con un voletto di un'ora e rotti aveva fatto di me un benemerito dell'umanita', un paladino delle cause eco-sostenibili perse. Quando ha lasciato il suo Bernie invitandomi a stare da lei, pensavo che fosse prevista la premiazione. Manco per niente. Stephanie ricordava soprattutto che le avevo disegnato un "quadro perfetto dell'India". Volendo potevo andare da lei. Ma anche no. E' vero che a 32 anni l'ira come l'amore ci mettono un po' piu' tempo a muoversi (questa e' di Musil), pero' in tutto cio' per Jessica valeva la pena di allacciarsi le scarpe, intanto (questa e' mia). In Cina aveva aperto al dialogo, a Bali aveva giocato al gatto col topo. Due mesi dopo, rientrata a Melbourne, mi scrive che e' stata immatura, egoista, superficiale, insensibile, che se potesse tornare indietro e modificare il passato puntini puntini. Che ripensarci la fa piangere. (Dillo a me). Gli unici a premurarsi di coprire i miei vuoti affettivi sono insomma due tizi di Goteborg innamorati persi di Totti, che ricambiano ogni aneddoto con un bicchiere di vino che sa amorevolmente di aceto. E Mutasem, il droghiere giordano dal sorriso teneramente avvilito, che ogni sera mi infila nella sporta qualche presente a tradimento. Il piu' emozionante resta lo sguardo pieno di malinconico distacco con la quale saluta la mia partenza dall'Australia. Mutasem non sa neppure che il mio aereo atterra a Christchurch verso mezzanotte, cioe' che sto per andare a dormire su una panca dell'aeroporto. Non sara' mai sporca come il materasso del Bebo, dura come quello di Osh, o scomoda come il letto con le doghe sfasciate di Melbourne. E poi c'e' da celebrare degnamente the year of the rat, l'anno della pantegana.
Una ragazza dai tratti spigolosi immerge tutta la mano, polso compreso, nei jeans attillati. Poi armeggia accanita mentre avanza, sgraziata e incattivita. La seguo torcendo il collo, chiedendomi se dai pantaloni spuntera' un coniglio o se e' un carpentiere travestito. Una dama fiuta il mio capriccio e mi si accosta. Un tempo piacente, adesso soprattutto consumata. Gli occhi senza ossigeno, i capelli unti, intristiti da qualche filo argentato portato senza nobilta'. "Vuoi vedere una donna?" alita. Kings Cross e' un guazzabuglio di ostelli della gioventu' e club prive', pub irlandesi e sexy shop, ibis e merli, prostitite e senzatetto, rosticcerie turche e drogherie gestite da mediorientali. Una Babilonia nel centro di Sydney. Dove il consiglio municipale ha vietato il consumo di alcolici in pubblico fino ad ottobre 2008. Poi si vedra'.
La Principessa Zaffiro e' un gigante galleggiante di 250 metri, con 750 cabine con balconcino, 4 piscine per adulti e una per bambini, un mini golf con 9 buche, 400 metri quadri di sale giochi, un teatro, l'immancabile casino e 22 scialuppe grandi come yachts di lusso. Puo' ospitare 2.670 passeggeri, e alle 9 di sera del 2 febbraio 2008 parte per Auckland piena in ogni ordine di posto. Salpa da port Jackson, il porto naturalmente perfetto nel quale si addentro' James Cook nel 1770, nel primo dei suoi tre viaggi nel Pacifico. E sulle cui sponde 18 anni piu' tardi Arthur Philip fondo' un insediamento carcerario, poi cresciuto fino a diventare Sydney. Oggi la citta' si espande da una baia eccezionale, seconda per bellezza solo a quella di Rio de Janeiro, animata da centinaia di vele bianche, decorata dall'