lunedì 1 dicembre 2008
A spasso con Mustafà
Con 730 auto ogni mille persone, il Libano è lo Stato col più alto numero di vetture pro capite al mondo. E con 358 abitanti per km2 su una superficie pari a quella dell’Abruzzo, è anche il più densamente abitato del Medio Oriente. L’incrocio dei due dati genera un traffico selvaggio, scandito da regole che col codice stradale c’entrano poco. Al volante ci vuole pazienza e fatalismo. Virtù endemiche in una regione che è stata nel mirino di fenici e francesi, passando per assiri, persiani, greci, romani, arabi, ottomani ed inglesi, e connaturate ad una Repubblica che riconosce 18 confessioni e in Parlamento ne rappresenta la metà. Insomma, armato di pazienza e fatalismo, fra un cocomero e un sorpasso avventato, un check-point, un’esercitazione siriana nella valle della Bekaa e un raid aereo a sud*, Mustafà mi guida alla scoperta dei patrimoni dell’Unesco del Paese. Byblos, che già nel neolitico era un villaggio di pescatori e che con i suoi 9 millenni di storia è la più antica città del mondo abitata con continuità, le meravigliose rovine di Baalbek, quel che resta dei cedri di Bcharré - culla e tomba di Kahlil Gibran – e i monasteri maroniti della valle di Kadisha. Ma anche del porto di Sidone, del suk di Tiro, delle grotte di Jbail, di un trapezio di cemento zeppo di carri armati sovietici chiamato “monumento alla pace”, e della Corniche di Beirut, il lungomare che fra yacht club, luna park e alberghi di lusso ospita anche il bar più microscopico della Terra: una capanna abbarbicata di fronte ai faraglioni che incorniciano la discesa del sole nel Mediterraneo e gestita da tal Abdallah. Infine, all’alba del quinto giorno, proseguo verso la Siria. Mustafà mi lascia davanti alla grande moschea di Tripoli, e bofonchiando un saluto affettuoso mi propina l’ennesima anguria. Riparato dalle fronde di un sicomoro lo ringrazio con un timido shukran e ingurgito controvoglia. In tutto questo tempo non c’è stato verso di fargli capire che il cocomero mi fa proprio schifo.
(tratto da Ulisse n.292 - Dicembre 2008)
*per le due o tre persone alle quali non ho ancora raccontato la storiella delle bombe, l'appuntamento è con il libro prossimamente in un uscita nelle migliori salsamenterie.
sabato 1 novembre 2008
Mediterraneo
Il boato scuote l’aria, il bastione di Santa Barbara e la volta calcarea del Victoria Gate, la più antica porta d’accesso alla Valletta, color miele come ogni costruzione nata nelle cave di Birzebbuga ed eretta a Malta sin dall’età del bronzo, quando gli abitanti dell'isola veneravano la Dea della fertilità. Cerco un volto scosso almeno un terzo del mio, ma nessun inquilino del Grand Harbour mi asseconda. Mi guardo il polso, è mezzogiorno. In un Paese che ha imparato a convivere col vuoto azzurro che lo circonda e col pericolo delle incursioni nemiche ma non con le proprie superstizioni (il diavolo s'inganna costruendo sugli edifici due orologi dalle lancette in perfetto disaccordo, la malasorte s'allontana disegnando un occhio sui luzzi, le tipiche barche di legno), lo scorrere senza intoppi della vita si annuncia con fragore, non con un cucù. Almeno è una fortuna che il compito non tocchi al cannone che punta il mare da Fort Rinsella, penso: con la sua canna di 10 metri sparava colpi a 3 miglia di distanza, con 100 tonnellate di peso è – nel suo genere - il pezzo di artiglieria più grande del mondo. Un suo segnale orario sbriciolerebbe il tempio megalitico di Ggantija e obbligherebbe la pro-loco a trovare un nuovo appellativo per Mdina, l’ex capitale barocca, la “città del silenzio”.
Spuntata arida e rocciosa dalle viscere del Mediterraneo, ultima traccia dell’istmo che un tempo collegava la Sicilia all’Africa, Malta sorge esattamente a metà del cammino fra Gibilterra e Libano, al centro dell’ombelico salato del pianeta. Su questi scogli benedetti da Eolo si è sistemata ogni sorta di stirpe, si sono incrociati ordini monastici e associazioni esoteriche, commercianti e massoni, l’evangelista Luca e l’apostolo Paolo hanno seminato una religiosità fiera e arcigna, esibita in 365 chiese spettacolari, Caravaggio ha trovato la libertà, l’ispirazione e la prigione, i Cavalieri dell'Ordine di San Giovanni hanno resistito all’assedio dei turchi, Napoleone ha dato prova della sua astuzia e gli Inglesi del loro potere d’attrazione imperiale, spezzato solo 40 anni fa dal referendum che ha preceduto l’ingresso nell’Europa politica e monetaria. E sempre qui, secondo Omero, la ninfa Calipso ha amato Ulisse, offrendogli invano l’immortalità. Arcipelago sempre conteso fra fedeli e infedeli, esposto alle intemperie della storia e del clima, bagnato dal sole anche a Natale, spazzato dal vento anche a Ferragosto, l’eclettica e multiculturale Repubblica di Malta oggi punta forte tanto sulla storia quanto sulle potenzialità glamour: i wine bar trendy lungo la passeggiata del porto, le discoteche di Paceville, i ristoranti chic e i casinò frequentati per ragioni araldiche anche dai nobili del continente, attirano ogni anno centomila italiani, duecentomila tedeschi e mezzo milioni di britannici. E ancora, l’affascinante contrasto fra i campi da golf di Marsa e il mercato del pesce di Marsaxlokk, fra la rotunda di Mosta, una delle cupole più grandi della cristianità, e le immersioni nei fondali turchesi, fra le guide multimediali ai musei archeologici e il teatro di strada, fra il soggiorno nelle farm-house di Gozo e i set cinematografici di Troy, Braccio di Ferro e Il Gladiatore, tutto produce l’effetto del dado nel brodo di un’industria, quella turistica, che costituisce il 24% del PIL nazionale e che dà lavoro a 27 maltesi su 100. Così, al calar del sole, le anime dell’arcipelago si svelano in tutta la loro inafferrabilità: mentre gli ultimi Ford Plaxton, i caratteristici autobus gialli, scorrazzano per le cittadine, i veicoli del ministero delle infrastrutture puliscono le vie della capitale, i punti di ristoro per gatti si riempiono di felini e Gigi D’Alessio si esibisce in una piazza, Paul Oakenfold, Erick Morillo e i dj di fama internazionale richiamano 3000 ragazzi sulla pista dell’Axis Megaclub. Da una parte la musica trance e hip hop pompa sotto le luci laser fino all’alba, dall’altra le scintille purpuree dei fuochi di artificio delle feste patronali solleticano il cielo. E a mezzanotte si spengono con discrezione.
(tratto da Ulisse n.291 - Novembre 2008)
p.s. Poi ci sarebbe la storia di George, sopravvissuto ad orfanatrofi, salvation army e guerra delle Falkland, e vivente in cicatrici, tatuaggi, crocifissi e una serie di disgrazie familiari che neanche dolce Remì.
n.b. non si fece ricorso ad alcun filtro.
...e c'è un nuovo DarioTube
domenica 5 ottobre 2008
Balkan Express
(tratto da Ulisse n. 290 - Ottobre 2008)
domenica 21 settembre 2008
Quattro matrimoni e un funerale
mercoledì 9 luglio 2008
La polveriera
Nuovi aggiornamenti in WMNA e DarioTube
Nuova gallery in SCATTI DI VIAGGIO: Est Express 2008
Eppoi, una chicca tutta giallorossa, una Pizzeria berlinese
mercoledì 25 giugno 2008
Blitzkrieg
Con tredici anni di ritardo sul programma originario, dopo qualche giorno a zonzo per Kreuzberg abbiamo sconfinato in Pomerania. Siamo partiti a bordo di una Panda blu elettrico che avrebbe fatto la felicità di Filippo (è la sua Fiat preferita, dice con quel retro squadrato è adatta al carico e al trasporto di cassette di frutta. A dire il vero Filippo lavora in banca, ma se faccio troppe obiezioni passo per rompicoglioni). Ci siamo accomodati in tenda equipaggiati alla bene e meglio con due colibrì e un materassino e dormito fino alla sigla di testa del Tg1, fatto 20km in kayak (30, considerando gli zigzag) sui laghi Masuri e scovato il quartier generale di Hitler, visitato le città storiche di Gdansk e Torun, la chiesetta di Swieta Lipka e il monumento alla patata di Biesiekierz. Poi ci siamo messi in una fila per lavori sulla via del ritorno, senza neanche ritrovare uno di quei panini stantii grossi come teste di vitello. In una settimana abbiamo guidato per 1798,3 chilometri (prima della partenza ne avevo valutati 1800, ma ho evitato di vantarmene perché lui aveva smesso di sopportarmi molto prima del nono giorno insieme) e abbiamo rimesso piede nel Brandeburgo giusto in tempo per la festina dei tedeschi e la festona dei turchi.
A Berlino siamo andati nella pizzeria 'A magica e in un pub con un altarino eretto in onore di Rudi Voeller, abbiamo mangiato come a Damasco (un couscous, due felafel, quattro fra doner, shawarma e kebab), fatto una puntatina la fete de la musique e soprattutto frequentato le sue ex. Perché dove c'è Antonio ci sono le sue donne. Attualmente la capitale tedesca ne ospita quattro. A volte capita che sei circondato - come durante Spagna-Italia - a volte le vedi singolarmente. E da solo. Come quel pomeriggio in riva alla Sprea, quando Daniela mi ha trascinato in una discussione di tre ore su montatori di maiali (Schweinsteiger ndr) e farfalline nello stomaco. Finché una signorina trafelata ci ha interrotti, eruttando frasi su frasi senza che sul suo sguardo comparisse mai l'ombra del dubbio che io non afferrassi una ceppa.
E' perché col tempo ho affinato la tecnica di tre espressioni facciali: l' "ah-ma-davvero-non-mi-dire", utile per non rovesciare disprezzo su chi mi racconta il suo viaggione a Sharm-El-Sheik; il "già-sono-incazzato-di-mio-se-ti-avvicini-ti-spiezzo-in-due" escogitato quell'indimenticabile primo dì a Johannesburg, e il "hmmm.. davvero-interessante" spendibile con chiunque e ad ogni latitudine. Visto il mio interesse, insomma, quella ha continuato.
Solo quando la giovine ha finito, Daniela ha replicato qualcosa. Alché lei è sparita.
"Cosa ha detto?" ho domandato allora alla ex numero tre. "Mah, niente... c'è un gioco televisivo su una rete stupida... voleva sapere se eri disponibile per un blind date con una ragazza che ti ha visto e ti ha indicato alla produzione... Se avessi accettato sareste andati in giro, poi a cena insieme in un hotel a quattro o cinque stelle e tu avresti vinto un viaggio. Poi potevi decidere se farlo con lei o da solo. Ma io le ho detto che non parli tedesco... così resti qui con me".
Tanto col culo che mi ritrovo vincevo al massimo un viaggio a Borgo Ticino.
domenica 8 giugno 2008
Puci per sempre
martedì 27 maggio 2008
On The Road
giovedì 15 maggio 2008
Rehab
...è uno sporco lavoro, ma qualcuno doveva pur farlo!
creata una nuova galleria di foto di viaggio assortite e stravaganti... RTW Overland 2007-2008): Album di Viaggio ►
lunedì 12 maggio 2008
L'étranger (Comme un roman)
Trecento giorni dopo, sono tornato nel Paese di partenza. E con lo zaino ancora sulle spalle ho sentito Cesara Buonamici. "All'abitudine un po' snob di andare a lavorare in bicicletta, il neo sindaco di Londra ha preferito la vettura con autista". Delle due l'una: o l'aver ascoltato 53 volte Boys Don't Cry mi ha defintivamente rincitrullito o in alcune tv di questa singolare nazione le attribuzioni vengono distribuite - come dicono a Timor Est - a cazzo di cane. Pur di fuggire a Uomini e Donne versione CULT ho trascinato giù un nipote a caso. E dietro l'angolo un cartellone pubblicitario sotto l'indicazione stradale per Agrate Conturbia mi ha informato che il Gabibbo era atteso al Gigante di Varallo Pombia domenica 11 maggio. Che poi è il giorno in cui l'Inter FC ha conquistato finalmente il suo primo punto da quando sono rientrato in Italia. E in cui Rino mi ha accolto con un ghigno, esclamando: "In settantasei campionati di calcio a girone unico è la venticinquesima volta che lo scudetto si assegna all'ultima giornata...".
Già. Mi sono seduto sulle scalette e ho riaperto quell' Ombre sulla via della Seta che Lidia mi aveva regalato dieci mesi fa. "Cento motivi reclamano la partenza. Si parte per entrare in contatto con altre identità umane, per riempire una mappa vuota. Si ha la sensazione che quello sia il cuore del mondo. Si parte per incontrare le molteplici forme della fede. Si parte perché si è ancora giovani e si desidera ardentemente essere pervasi dall'eccitazione, sentire lo scricchiolio degli stivali nella polvere; si va perché si è vecchi e si sente il bisogno di capire qualcosa prima che sia troppo tardi. Si parte per vedere quello che succederà". Tornato a casa mi sono sistemato davanti ad un computer che ancora non riesce a smaltire 4000 mails in coda. E di fronte al candore del motore di ricerca, ho digitato Madagascar.
giovedì 1 maggio 2008
Blowing in the wind
Il fatto è che esperienze così ti dicono che non sei un'entità estranea al mondo. Ti spiegano che il tuo corpo è tramite, non confine. Ti insegnano a non vivere sulla difensiva. A non provare mai disgusto o fastidio. Quasi mai paura. Vivi, capisci, accetti, ti integri. O ci provi, che è già qualcosa. Quando infine hai realizzato che l'essere umano è un animale inoffensivo, senti che puoi finalmente cominciare a correre senza freni. Ad amare. Kapuscinski sostiene che il viaggio insegna l'umilta' perche' ci mette di fronte alla nostra ignoranza. Vero. Le domande che restano appese sono sempre piu' delle risposte che suggerisce. Infatti a me restano un sacco di dubbi. Chissa' se qualcuno ha ritrovato la Professor Gul, per esempio. O chissa' se hanno allargato quella porticina fra Uzbekistan e Kazakhstan. E chissa' se il capitano di Labuhan Bajo ha rottamato la barca o c'ha messo un altro cacciavite. Chissa' se nel frattempo l'impiegato della banca di Dunhuang s'e' accorto che sopra la sua testa c'e' scritto Western Union e s'è fatto spiegare cos'è. Chissa' se nel motel di Comayagua, quello col murales di una coppia inciuciante dipinta in un cuore, hanno realizzato che chiamarlo Mi segunda ilusion porta quantomeno sfiga. Chissa' se quegli sticchi del Chilly Willy's l'ultima sera non si sono neanche avvicinate perche' tanto ce l'ho scritto in fronte che l'articolo non mi interessa.
Poi, quando l'aereo avra' rimbalzato sulla pista, i pensieri saranno stati cancellati da quell'applauso. Inconfondibile. In Italia - solo in Italia - pare che il comandante si esibisca in un triplo axel invece di fare il suo dovere. E allora saro' sceso sul pratico. Come sara' presentarsi senza dire "...come Mario con la D" e facendo cadere l'accento sulla vocale giusta. Come sara' usare gli euro dopo aver maneggiato altre 25 valute. Come sara' dormire su un letto mio dopo aver trascorso le notti in 150 posti diversi. Quanti sampietrini bagnati prima di volare giu' dal motorino. Quanto calda sara' la scossa degli abbracci.
E alla fine di tutto mi sara' rimasta una domanda. Una sola. Quella che mi tormenta da mesi. E alla quale non importa quanto legga, ascolti, cammini o pensi, non riesco a trovare la risposta giusta. Una domanda sola... Ma quale cavolo era il PIN del mio cellulare?
lunedì 28 aprile 2008
Il padrino
p.s. la timidezza e' durata poco.
giovedì 24 aprile 2008
Club Tropicana (on the edge of heaven)
"Voi di Roma siete la rovina del mondo". Il rasta che si siede accanto a me si e' svegliato col piede sbagliato. Ma prima di dargli del malato di mente chiedo lumi. La risposta e' una pioggia di conoscenze storiche mescolate ad minchiam. Il tizio sparacchia nell'ordine le Crociate, la Santa Inquisizione e Pio XII. Quando provo a scaricare il barile su Belgio, Olanda, Francia e compagnia coloniale per vedere l'effetto che fa, lui mette sul tavolo pure Mussolini e l'Etiopia. Al Concilio Vaticano II e alle scuse di Giovanni Paolo II replica accusando la Chiesa di vendere falsi idoli invece del vero Dio. Quando gli faccio notare che parla con la superficialita' qualunquistica dell'occidentale islamofobo e che fra maglietta di Bob Marley, bandiera giamaicane e catenina con la foglia di marijuana neanche lui scarseggia a idoli, il tizio profetizza bruscamente. Un giorno l'Africa will wipe off - spazzera' via - l'Occidente. Per mia fortuna prima di cominciare personalmente lui partendo di capoccia sul mio zigomo, arriviamo ad Indipendence. E lui scende.
Al suo posto si sistema Bernard Linarez. E' creolo, ha 22 anni e viaggia con una borsetta blu scura dalla quale estrae un paio di scarpini amaranto di Ronaldinho e la maglietta numero 14 della nazionale del Belize. Bernard dice di averci giocato 10 volte ("o forse piu'"), di aver segnato contro Panama e di esser diretto a Belmopan dove e' in programma il raduno di preparazione alla sfida contro il Messico valida per le qualificazioni mondiali. Si gioca a Houston il 16 giugno. "Forse".
Mentre Bernard mi racconta che ricopre il ruolo di esterno sinistro ("qualche volta difensore, qualche volta centrocampista...ma se c'e' bisogno MI METTO anche al centro"), che guadagna 750 dollari al mese per giocare nel Texmar ma sogna la lega statunitense e mi da' appuntamento a Johannesburg perche' il Messico e' forte, ma se loro hanno una giornata-no e il Belize evita i soliti cali di concentrazione... alle nostre spalle si espande un odore di sterco. Un meticcio brillo se l'e' fatta addosso. Il bus inchioda dalle parti di Mango Creek, e il colpevole viene trasportato fuori con la forza dal secondo dell'autista, un ragazzone a forma di armadio con le treccine.
Vedere una pletora di luoghi aiuta a relativizzare il proprio punto di vista, orizzontalmente. Tornare negli stessi a distanza di tempo consente di farlo verticalmente.
Il Belize non e' cambiato molto. Io, un po', si'.
(continua)
p.s. sto per fare una cosa che mi mancava da tempo immemore. Una cosa che avevo fatto dalle Galapagos a Piazza Tien An Men passando per il Guatemala, la Tunisia e l'Ungheria. Quella cosa che non si limita a caratterizzare un viaggio o una vita ma defisce l'essere umano di sesso maschile tout-court. Finalmente sto per giocare a pallone.
lunedì 21 aprile 2008
Amarcord
Bene direbbe che lui e' un pazzo furioso e lei una mignotta.
Perche' Bene e' un po' perentoria e per lei le cose sono sempre due.
Per esempio se le raccontassi di Baxter, un arzillo vecchietto di Washington venuto al mondo un anno prima che Einstein pubblicasse la teoria della relativita' e le raccontassi che anche lui gira l'America in barca, Bene direbbe che a 94 anni il nonnetto e' un pazzo scatenato o cioe'-non-lo-so, un gran fico.
Se invece le raccontassi di Adi, un'israeliana che mi ha seguito tre giorni e che gia' la prima notte voleva che la riscaldassi per aiutarla ad addormentarsi, Bene direbbe che le cose sono due: o lei e' una cozza o io sono un coglione.
Alche' proverei a raccontarle di Onan, un guatemalteco che vive vendendo collane con pietre preziose, ha trascorso una sera e una mattina a fumare e offrirmi mota, che nelle ultime 18 notti ho dormito in 17 posti diversi o della buena onda dei Garifuna - i discendenti degli schiavi africani che abitano da queste parti - i quali hanno tentato di convincermi che se sei febbricitante un buon rimedio e' la cocaina. Tutto inutile, Bene direbbe che le cose sono due. Ma il punto e' che sono uno sfigato.
Ora, siccome i miei ricordi del Belize sono i seguenti:
- la signora che rigetta NEL bus
- il vomito che va su e giu' sul pavimento
- il percorso fra Orange Walk e Belize City con le gambe rannicchiate sul sedile e gli zaini addosso
- i ristoratori che col buio si barricano dentro
- il granchio mannaro
- 2 notti insonni su un'amaca
- 52 punture di zanzara SOLO sulla schiena
- 28 ore di digiuno non voluto
...se le dicessi che domani o dopodomani prendo una lancha da Livingston a Punta Gorda, e ci torno, in Belize, Bene direbbe che non sara' mai come quando ci siamo stati insieme ad Anto e Bela. Io lo spero.
giovedì 17 aprile 2008
Ordinary world
Sulle strade, che da mucchi di pozzolana sono quasi dappertutto diventate piste di asfalto, sfrecciano mini-van allestiti da centinaia di agenzie viaggi a beneficio degli stranieri convinti che due ore in piedi su un chicken bus non insegnino poi molto. Quetzaltenango e' stata scelta come centrale per gli americani smaniosi di apprendere lo spagnolo e che dopo un mese si arrampicano su un ¿cuanto cuesta? con lo stesso sforzo con cui scalerebbero l'Aconcagua. Attorno al lago Atitlan, Maximon e' diventato una specie di personaggio dei fumetti, San Pedro e San Marcos due piccoli eden di hippies. Piu' commerciale il primo, piu' spirituale il secondo. A San Pedro spuntano ad ogni angolo i reggae bar e i ristorantini vegetariani, a San Marcos dall'hotel Las piramides in giu' e' tutto un proporre corsi di metafisica, meditazione, cabala, yoga e massaggi. Ma anche di lucid dreams e astral travelling. Davanti alla sala giochi che spara a tutto volume Cindy Lauper, Berlin e Duran Duran, incontro Rafael, un madrileno che in Chiapas ha imparato a fare sandali con strisce di cuoio e Gabriel, un simpatico roscio dell'Illinois che e' venuto a girare un documentario sul 2012. Mi spiega che per alcuni hippies quell'anno accadra' qualcosa di catastrofico. Tipo la fine del mondo.
Alle pendici del quartierino esoterico, trovo posto nella sistemazione piu' economica del paesino, una guest house lontana dall'esser completata e che porta il nome - Panabaj - dell'insediamento attorno al lago sepolto da una frana provocata nell'ottobre del 2005 dall'uragano Stan. Sull'instabile veranda di legno, Carlos mi fa assaggiare un panino preparato dalla moglie. Poi mi racconta che il ciclone si è abbattuto anche su San Marcos, e che in qualita' di architetto al servizio di un'associazione di volontariato lui e' stato chiamato a supervisionare i lavori di ricostruzione delle 17 case crollate. E' sul crollate che la veranda gia' agitata da folate di vento viene scossa da una raffica decisamente piu' robusta delle altre che fa traballare anche il ripieno dei panini. Sotto i nostri sederi è appena passata l'eco di un terremoto del 6o grado della scala Richter. Altro che 2012.
lunedì 14 aprile 2008
Lullaby
mercoledì 9 aprile 2008
Il gatto e la volpe
Isaia Contreras ha una voglia triangolare alla radice dell'occhio destro. Se non impugnasse uno dei fucili a pompa usati dall'esercito statunitense nelle Filippine lo paragoneresti a Pierrot. Probabilmente ha solo uno zigomo maciullato. Isaia da una parte sorveglia uno dei venti negozietti di ciambelle del centro, dall'altra i giornali appesi all'espositore di fianco. Quando serve, col braccio libero li distribuisce. Isaia e' convinto che in tanti si fidino di lui perche' in 55 anni non ha mai sgarrato. E perche' quando viene la Settimana Santa e i giovani assaltano gli esercizi alla ricerca dei soldi per andare al mare, lui spara. In Honduras ogni anno ci sono piu' di 3500 omicidi. Al di la' dei tre squallidi ponti su una fogna spacciata per fiume, l'atmosfera della capitale honduregna e' ancora piu' trash. Dai machete in su, fra le bancarelle di un mercato perennemente aperto circola una quantita' inusitata di armi. Le donne si dividono in chi allarma e in chi e' allarmata. Non ce n'e' una che si senta libera di passeggiare parlando al cellulare, non una che non ti consigli di uscire in fretta dal quartiere di Comayaguela. Peccato che da li' partano tutti i mezzi, cittadini e non. E infatti proprio li', sul bus per Cerro Grande, due simpatici ceffi allestiscono il comitato di benvenuto per Giancarlo. Pensano di farci cosa gradita togliendoci il fastidio di caricare zaini, fotocamere e soldi. Giustamente.
(prosegue, forse)
p.s. Sul primo bus salvadoregno siamo stati rimorchiati dalla signora Guadalupe Santamaria detta Lupita e dalla sua amica Flor de Maria Neves detta Florcita. Invece di cercar guai fra i maras di Las Aguilares abbiamo vinto una notte gratis in una casa di San Salvador coi letti duri come tombe. L'unico cuscino l'ha preso Giancarlo, che e' costipato e c'ha la schiena a pezzi . Io invece fischio. Per l'occasione dopo 4 giorni lui si e' anche tolto la maglietta con su scritto: "Perche' agli uomini piacciono tanto i pompini?".
nuova gallery RTWO (2008): Nicaragua ►
mercoledì 2 aprile 2008
Da uno a cento
lunedì 31 marzo 2008
The Wall
Gli edifici sono più colorati nelle città costiere dell’America latina perché le navi in arrivo dal Vecchio continente lasciavano a riva tutti gli scarti. Tra questi c’erano anche dei barattoli di vernice, che veniva raccolta e utilizzata dagli abitanti del posto. Visto che la vernice spesso non bastava per colorare tutta una facciata, le case finivano per essere dipinte con vari avanzi di vernice. Esempi molto chiari si possono vedere a La Boca, a Valparaiso o a Trinidad di Cuba.
Quanto al motivo per il quale questa usanza sia
diventata un marchio di fabbrica, le risposte sono varie. A differenza della
maggior parte del mondo occidentale, questi Paesi non sono mai stati soggetti
ad una forte regolamentazione, e se altrove le persone costruivano case seguendo
delle regole rigide, i latinos potevano sostanzialmente fare come di testa
loro, seguire i propri gusti e desideri. Il che non portava a nessuna
omologazione.
Usare una varietà
di colori, poi, col tempo non sono è diventato un modo per affermare la propria
individualità, ma è stata soprattutto una necessità. Nelle città brasiliane
come Ouro Preto o Salvador de Bahia, le case erano colorate perché non
esistevano gli indirizzi. Quindi per indicare dove abitavi o dove si trovava la
bottega del liutaio, dovevi menzionare “la casa gialla brillante nella strada
del mercato” o qualcosa del genere.
Questo spiegherebbe (il condizionale è d’obbligo, qui sto mettendo insieme riflessioni, teorie, spunti e deduzioni – non sia mai che qualcuno sappia qualcosa) anche una buona spiegazione del motivo per cui raramente vedi due pareti dello stesso colore, una accanto all’altra. Se la mia casa è rossa, è più probabile che il mio vicino dipinga la sua verde acqua, il prossimo blu e così via.
Una volta diventata una caratteristica in tutto il continente (e mezzo), il fattore estetico ha preso il sopravvento. I messicani dovevano dipingere le loro abitazioni e le loro attività commerciali per migliorare l’aspetto delle loro città, almeno nelle strade principali dei paesi. I governi locali, cioè, fornivano di proposito vernici colorate alle persone che vivevano in povertà per far sembrare le loro dimore meno malandate.
Infine, il messaggio in codici implicto. “Porque en los barrios, como en la naturaleza, los colores furtes significan peligro”.
In nessun altro posto al mondo come in Nicaragua, una serie di cose m’hanno richiamato l’attenzione, fatto pensare e suscitato domande senza risposte. Tipo.Perche' ci sono scuola bus americani degli anni Cinquanta arlecchinati con icone religiose e altri rigorosamente gialloneri, conservati come quando uscirono dalle fabbriche Ford, con ancora le targhe degli Istituti dell'Alabama e il mocciolo di Forrest Gump?lunedì 24 marzo 2008
99 Luftballons (Pasqua a Ometepe)
WMNA: Siamo a 12 ►
sabato 22 marzo 2008
Ovosodo
lunedì 17 marzo 2008
Qualcuno volò sul nido del quetzal
(segue, forse)
Pubblicata nuova gallery: Panama
martedì 11 marzo 2008
En el muelle de San Blas
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Then I think twice. And I realise I did risk my neck a few times. In the Solomons' open waters, when we were lost at sea, caught in a storm and running out of petrol while I was at the same time dizzy, sunburnt and throwing up. Or when in the Comoros I was physically assaulted ina dodgy market by a couple of angry women. According to locals' beliefs, (my) photos would have potenzially been edited using the women's faces and a porn star body and then shared onthe web. Even educated people believed in the theory. It wasn't easy to explain them that none would have never posted nor enjoyed a picure featuring a porn star naked body with an old Comorean lady's face.
But the most rewarding island experience to me was probably in Panama's San Blas archipelago, a group of 365 riddles-like drop of sands scattered on the Atlantic Ocean, a natural bridge for drug traffickers to avoid the military packed land border between South and Central America.
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The name sounded so evocative to me, I mostly picked the place because of it. But what I found was heaps better.
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On the other hand, as caravans full of gold traveled overland across the isthmus to be loaded on galleons bound for Spain, this wealth attracted so many pirates stronghold that, in the early 1700s, shippers chose instead to sail around Cape Horn to Peru to avoid them.The region's importance rapidly declined, and Madrid did not contest its inclusion as a province of Colombia when the then New Grenada won its independence from Spain. Panama was free to join the self-determination bandwagon and technically born as an independent State on November 28, 1821.
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The history of the nation is actually more complex, as United States recognized Panama only 80 years later, in 1903. Roosevelt's advocacy for Panama's full sovereignty had likely to do with a more direct access to the administration of the Canal - built in 1881 and originally controlled jointly by US, France and Colombia.