Per la certezza che fosse anche un pezzo di merda, invece, ho avuto bisogno di altre 9 ore.
...
L'aria alla Nomad's Home sembrava quella di fine estate - del resto ormai era fine estate. Buona parte degli avventori aveva terminato le vacanze ed era partita dalla sera alla mattina.
Senza piu' la combriccola di sbandati da coccolare, a Bishkek m'erano rimaste solo le autorita' locali da randellare.
L'impresa era improba, ma dopo una giornata passata a tirare le orecchie a segretarie, usceri, funzionari alti e bassi e i loro assistenti, l'ultimo doppiopasso fra ambasciate aveva portato il console del Ministero degli Interni kirghiso a incidere sul mio passaporto un secondo visto, stavolta di transito, con dei termini e delle tempistiche ridicole.
Ottenuto al termine di una contrattazione andata piu' o meno cosi'.
"Mi servirebbe un visto di transito aperto, perche' non so quanto restero' in Tagikistan prima di rientrare in Kirghizistan".
"Ti posso dare un visto di transito valido al massimo quattro giorni. Costa 100 dollari"
"Ne ho 20"
"Per 50 dollari ti do un visto di transito di tre giorni. ma devi indicare anticipatamente le date".
"Ok, ma la frontiera con la Cina e' chiusa 2 giorni su 7. Se indico le date in cui il confine e' chiuso, resto comunque bloccato in Kirghizistan"
"Per quella cifra posso dartelo di due giorni"
"E per 20 dollari?"
"Per 25 dollari te ne do uno valido per un solo giorno. Ma il giorno deve essere fisso e va indicato adesso. Una volta fissato hai 24 ore per rientrare in Kirghizistan dal Tagikistan, raggiungere la Cina e uscire dal Paese".
"20 dollari, non uno di piu'. E la data e'...boh... facciamo venerdi' prossimo".
Il tutto in russo.
Nella stessa giornata avevo anche scoperto che per entrare in Tagikistan non bastava il visto, ma che dovevo procurarmi anche un permesso supplementare per il Pamir. Rimediare questo GBAO poco prima del tramonto grazie ad delegato dell'ambasciata tagika di Bishkek era stata un'operazione meno casareccia dell'altra.
Insomma, nel giro di poche ore avevo ottenuto i due sigilli necessari per attraversare il Pamir e poi - visto che la frontiera tra il Tagikistan e la Cina era chiusa - per rientrare in Kirghizistan prima di puntare verso lo Xinjang.
Il tutto senza che uno solo dei miei referenti, fosse arrivato puntuale all'appuntamento, avesse rispettato gli impegni, non mi avesse prima rimandato a data da destinarsi, non mi avesse tenuto sulle spine chiudendo l'ufficio prima del previsto. O non avesse provato con le buone o con le cattive a farmi intendere che una bustarellina avrebbe accorciato i tempi.
"In Italia per molto meno si viene licenziati!" avevo sbottato.
Non e' vero, ma loro non lo sapevano. E alla fine avevano ceduto. Cosi' mi ero ritrovato coi documenti necessari per proseguire il viaggio.
Conclusa la missione, Bishkek sembrava improvvisamente quel che probabilmente era sempre stata.
Un posto melanconicamente privo di stimoli.
Percio' ieri, dopo aver sperimentato anche l'ebbrezza di essere scambiato per pakistano, essere stato sfidato da un mariuolo armato in un mercato ed essere stato difeso da un nugolo di babushke nel bazaar, rientrando alla Nomad's home ho pensato che non avesse senso restare e ho impacchettato la mia roba.
Min Ho, l'ingegnere civile di Seul che viaggia ininterrottamente da 4 anni e mezzo e che nella guesthouse s'era segnalato soprattutto per la sua abitudine di sputare nel cortile bazzicato da coppie di piedi nudi, aveva concordato un passaggio in macchina fino a Osh con Ernest, il titolare della Nomad's,
E visto che di notte non ci sono marshrutke ma solo auto private, avevo deciso che guadagnare un giorno di viaggio valeva l'extra.
E mi ero aggregato.
....
Alle 8 di sera da noi compare una BMW contattata dal gestore. Il prezzo e' fin troppo congruo, ma se duecento metri piu' in la' comincio a ripensarci e' per un senso di indefinito e spiacevole fastidio, oltre ad un misto di spazio limitato e atmosfera sgradevole. Nell'abitacolo siamo in 5, troppi per una dodici ore notturna di saliscendi fra le prime due citta' del Kyrgyzstan su una strada asfaltata di recente da una ditta giapponese ma che resta una lontana parente delle nostre arterie provinciali.
Davanti, accanto a Samir, siede una signora. Dietro, fra me e il coreano, si sistema il fratellino dell'autista, che tanto ino non e'. E l'aria e' subito infestata dal fastidioso tuz-tuz di una compilation disco trash pompata oltre il livello dell'istupidimento.
"Va be che e' sabato sera - provo a stemperare - ma si puo' abbassare il volume, per favore?'.
Piacere parzialmente accordato, ma l'antifona e' chiara.
Il tizio al volante e' rozzo dentro quanto sgrammaticato fuori, con quegli zigomi talmente sporgenti e affilati che di profilo pare un esagono. E guida da analfabeta della vita.
Samir non e' il solito pilota relativamente spericolato, di quelli che conoscono l'equilibrio del sistema e lo interpretano in modo spavaldo ma sicuro, dando la sensazione di conoscere le regole condivise dagli altri guidatori e di forzarle entro limiti incomprensibili per chi viene da fuori ma accettati dai locali.
No.
Samir abbraccia il volante, azzanna l'acceleratore e ha un'attrazione fatale per la corsia sbagliata. Non azzecca il tempo di un sorpasso, una distanza, una curva. Ammesso che imboccarne una a 110km/h significhi impostarla e non cercare di abbatterla. Non c'e' camion che non ci abbagli istericamente, non c'e' auto che non strombazzi imprecando. Le minigonne della BMW grattano in continuazione il manto, i dischi dei freni fischiano disperatamente, per tre volte un tornante finisce con un'inchiodata secca per evitare che la macchina vada giu'.
E li', invece di chiedere scusa, lui riparte con una sgommata. Perche' non si dica che Samir non e' un drago.
"Hai mai pensato che nella vita dovevi fare il panettiere?" gli dico in russo maccheronico. Il fratellino sghignazza.
Dopo due ore, in cima al primo passo, ci fermiamo. A bordo sale un sesto occupante. Mi scongelo ancora, tanto il sonno m'e' passato.
"E se fra cento chilometri trovi un'altra persona che paga, la fai salire?..." (nell'originale in russo corretto) "...brutta testa di cazzo?" (in italiano). Il ragazzo sgancia e si infila dietro, al centro. Persino la signora seduta davanti trattiene a stento imbarazzo e lacrime.
Anche perche' la corsa riprendepiu' folle di prima.
Centoventi, centrotrenta, centoquaranta chilometri all'ora, in salita e in discesa, nel misto e sul dritto. Se chiudo gli occhi sento il respito trattenuto da me e dagli altri. Se li apro vedo solo gli abbaglianti disperati degli autisti che incrociamo.
"Se ripassa quattro auto in curva e' una merda d'uomo" penso.
Confermo, lo e'.
"Se stanotte andiamo al Creatore siamo in due a menargli" mi dico.
La discesa e' anche peggio. Attraversiamo qualche centro abitato e facciamo le meches alle poche sagome in giro prima dell'alba, contadini sul ciglio della strada che vanno a lavorare nei campi.
Poi, in un piazzale malamente frequentato, ci si blocca.
Sono le 5 del mattino e scende l'ultimo arrivato. Un quarto d'ora, dopo anche la signora vien gettata alle ortiche senza tanti convenevoli.
Il fratellino si piazza davanti, e per l'occasione Samir sceglie per la sua autoradio un altro pezzo da discoteca, probabilmente rumeno, che spara a tutta cagnara.
Un pezzo che fa girare tre volte di fila nello stesso punto, quando il cantante grida: "ITALIANO!".
Se mi sa di atto di sfida non e' per paranoia, ma perche' il coatto al volante sta per fermare la BMW in mezzo alla campagna.
"Pagate" ci dice, guardandoci attraverso lo specchietto con quegli spilli senza luce e senza spessore che si ritrova ai lati del naso aquilino .
"Prima ci porti in albergo, poi ti diamo i soldi". Per la prima volta dall'inizio di quel tragitto, Min Ho da' segni che e' vivo e lotta insieme a noi.
Samir fa spallucce e riparte, poi si riferma all'ingresso della citta' di Osh.
Stesso teatrino. "Se non pagate vi porto dalla militsia. Li' c'e' mio fratello e sono cazzi vostri". In un certo senso ha ragione.
Non desistiamo e lui ci porta davanti al commissariato, dove il presunto fratello non c'e'.
Il poliziotto di guardia e' troppo assonnato per capire che ha la possibilita' di guadagnarsi la tredicesima. O forse in un refolo di banale onesta' non tira fuori le manette chieste con insistenza dai due infami, ma accoglie la mia versione dei fatti.
"Portali all'albergo e fatti pagare li'" dice a Samir. Che accoglie il suggerimento del poliziotto e ci porta davanti ad un hotel indicato da Min Ho, che ad Osh c'e' gia' stato.
Dopodiche', davanti all'ingresso, ricomincia, precisando quel che ormai era evidente.
"Fuori 5000 som tu e 5000 tu". Sono 100 euro a testa, cinque volte la cifra contrattata e che per meta' era gia' stata consegnata alla partenza.
"Apri il bagagliaio e dacci gli zaini" (originale in russo su di giri) "...e poi vaffanculo tu e l'amico tuo" (originale in italiano e in inglese) gli rispondo.
No.
Peggio per te, il coreano ed io entriamo nell'Alay. Min Ho dice che alla reception lavorano due ragazze gentili e un tipo acido.
Ovviamente alle 6 di mattina c'e' solo il tipo acido, che ci viene incontro e ci parla attraverso la porta a vetri. "Il telefono e' rotto da ieri, non abbiamo stanze libere e io voglio dormire. Uscite da qui e andate da un'altra parte". Merda.
"Sai bene che fra poco qualche camera si libera. E poi cosa direbbe il tuo capo se sapesse che stai dalla parte dei ladri invece che dei turisti?".
L'acido fa pippa, e noi due entriamo nell'alberghetto, mentre gli zaini restano nel bagagliaio della BMW.
Il buio comincia a dissolversi quando Samir e il fratellino tornano a bussare alla porta. Vogliono contrattare e sono disposti a scendere a 4mila som - 80 euro - ma Samir spara la cifra accompagnandola con un ghigno sadico, indirizzandomi un gesto dolcemente retro'. Facendo morbidamente scivolare il pollice fra indice e medio.
O ha saputo della mia lunga astinenza o mi sta avvisando che e' inutile sbattermi, tanto alla fine m'incula.
"Provaci, faccia da culo" (originale in italiano).
Il caso ha infatti voluto che per una volta, una benedettissima volta, tenessi il biglietto da visita della guesthouse di Bishkek.
E che il mio russo mi consenta di chiedere il cellulare a tre frequentatori dell'albergo di Osh prima di trovare Mirzad, un dipendente dell'hotel disposto a prestarmelo.
Guldana prima e Ernest poi vengono cosi' svegliati all'alba dalla mia chiamata. E informati che l'autista al quale hanno affidato Min Ho e il sottoscritto non e' proprio una bella persona (qui non e' sarcasmo, e' vocabolario russo scarso) e che sarebbe il caso che lo facessero ritornare sulla Terra, ammesso che Samir ci sia mai stato.
Mirzad, il ragazzo che mi presta il telefonino, parla inglese, e ha gli attributi per prender di petto il fratellino dell'autista, visto che nel frattempo Samir e' salito in auto ed e' scomparso con i nostri zaini.
Il fratellino nega di essere coinvolto nella vicenda e ha anche la faccia di palta di sostenere di essere un semplice cliente dell'hotel, ma intanto resta di guardia in attesa che la BMW ricompaia con lo stronzo accompagnato da un poliziotto.
"Venite con me" mi fa l'armadio in divisa, che a giudicare dall'occhio malvagio potrebbe essere davvero il fratello di Samir.
"Prima mi spieghi con quale accusa, poi parli con Ernest" gli dico.
Anzi - per togliermi di dosso la scomoda sensazione che nella storia il padrone della Nomad's non sia del tutto santificabile - ci parlo prima io e gli faccio notare che DEVE risolvere lo spiacevole inconveniente e DEVE promettere che mai piu' affidera' qualche straniero a Samir perche' altrimenti una cosa del genere DEVE diventare di dominio pubblico.
Ernest scarica una serie di da e di ne vonuysya 'si', non proccuparti' mentre l'autista spiega a Mirzad, il dipendente dell'albergo, che ci aveva caricato in aeroporto a Bishkek (?) e che Ernest gli avrebbe sottratto 700 som.
Mentre Samir scivola giu' dagli specchi, gli dico che a noi frega una ceppa (originale in inglese) dei suoi presunti accordi con Ernest, ma che i som che gli diamo sono quelli pattuiti.
Non prima di aver controllato che nello zaino ci sia ancora la giacchetta. E che nessuno ci abbia pisciato sopra.